Sandro Pertini, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano
Da giovinetto, anche per compensare la riservatezza del babbo Ettore, tenevo un rapporto confidenziale con lo zio Lino. Era, lo zio, un tipo un po’ matto. Aveva viaggiato per l’Europa in un periodo burrascoso. Lui, antifascista della prima ora, come tutti i suoi fratelli, d’altronde, si era rifugiato nel sud della Francia dopo aver partecipato, nelle file garibaldine, alla guerra di Spagna a difesa della repubblica contro la barbarie delle legioni franchiste.
Era poi stato in Belgio, paese di cui parlava perfettamente le due lingue, in seguito a Nizza e poi al confino in Svizzera. Forse, chissà?, ancora giovane e intraprendente, aveva conosciuto nel san gallese una confederata a cui aveva declamato l’eterno amore. Fatto sta che la futura moglie, nata nello stesso villaggio, Caiolo, nel timore di perderlo, lo raggiunse in Svizzera per convolare nel solo rito civile, uno scandalo per quei tempi, al matrimonio riparatore. Rientrò in Italia, lo zio, e partecipò alla lotta di liberazione con l’alta funzione di vice comandante partigiano dell’alto Lario. Si distinse per il coraggio e l’ umanità. Si racconta di come punisse i suoi commilitoni delle brigate garibaldine sorpresi a maltrattare i prigionieri fascisti. Passavamo ore assieme.
Amava raccontare al nipote le straordinarie vicende della vita vissuta in uno dei periodi più drammatici della storia europea. Forse ne accentuava persino i caratteri temerari come quando mi raccontò di aver resistito, da solo, ad una brigata franchista sulle pendici dei Pirenei. Era un oratore straordinario, lo zio lino. Suo fratello, mio padre, soleva dire, canzonandolo, che il parlare era il solo lavoro che lui sapesse fare. Lo ascoltai un 25 Aprile in quel di Lecco, e ne rimasi affascinato. Aveva frequentato solamente la terza elementare, normale, in quel tempo, ma parlava il francese, il fiammingo e il catalano, appresi, naturalmente, nelle università degli antifascisti europei. Tengo, gelosamente custodite, nella vecchia dimora della casa natia, diverse sue lettere che lui scriveva ad un suo vecchio amico e di cui , grazie alla carta carbone, teneva copia, e le relative risposte, altrettanto e più forbite.
Una meraviglia: di concetti, chiarezza, grammatica e sintassi, oltre all’ intrinseco spirito di amicizia e fraternita del contenuto. Quel suo amico ha un nome e una storia di cui gli italiani tutti ne appresero le gesta più tardi, in parlamento e nel paese: Sandro Pertini. Un uomo del popolo, un combattente antifascista.. È il primo presidente da me conosciuto. A cui ho stretto la mano in occasione di quella sua memorabile visita a Berna nei primi anni ottanta. Fummo ricevuti all’ambasciata d’Italia come membri del Comitato Nazionale d’Intesa. Eravamo una decina o poco più. Per tutti, una parola d’affetto e di ringraziamento. Al mio turno lo salutai. Sono Gianni Farina. Vengo dalla Valtellina. Mi sorrise e rispose paterno: il nome mi dice qualcosa. Grazie, presidente, per quello che hai dato. Passati gli anni, ho apprezzato il rigore morale e l’alto senso dello stato di Carlo Azeglio Ciampi, un altro straordinario presidente.
Lo conobbi a Parigi nel periodo di mia residenza nella città sulla senna. Ebbi l’onore del saluto ufficiale al cospetto dei rappresentanti della comunità italiana in Francia convenuti numerosi all’istituto italiano di cultura della rue deVarenne. Apprezzò il discorso, riandando ai concetti da me espressi con particolare calore e orgoglio per questi suoi cittadini in terra di Francia. Più tardi ebbi occasione di salutare il presidente Giorgio Napolitano, appena eletto. Fu Lucerna, in occasione dell’inaugurazione del moderno teatro dell’ opera nella città simbolo del lago dei quattro Cantoni. Eravamo nel 2006. Ero appena stato eletto nel parlamento repubblicano. Mi presentò a Napolitano il consigliere federale Moritz Leuenberger. E lui, sorridente e compiaciuto. Questo, rispose, lo conosco già. I rapporti risalivano a molti anni prima nei contesti politici nazionali. Ebbi, in anni precedenti, l’occasione di accompagnarlo in un lungo viaggio per la Svizzera prima dell’incontro a Berna con il gruppo socialista del parlamento federale.
Tre presidenti. Tre straordinarie figure democratiche italiane ed europee. Da giovedì, 29 Gennaio 2015, eleggeremo il prossimo presidente. L’augurio perché sia all’altezza degli straordinari statisti ai quali ho rivolto, nell’attesa, il mio grato pensiero.