“Ed è questo che conta,” commentò Aurelio. “Ora però si tratta di fare in fretta, perché tuo padre è davvero in ansia, e voglio sperare che giungeremo in tempo. Si sta ormai avvicinando l’inverno, e se da parte dei Pitti ci sarà una sospensione delle ostilità, come ci auguriamo, forse avremo un po’ di respiro.”
“Ma dove si trova esattamente? È ancora in grado di combattere, o è costretto all’immobilità?”
“Non è facile tenerlo tranquillo, ma le sue forze sono deboli. Ha fissato il quartier generale a Eburacum, per controllare meglio la pressione dei nemici. Ma nulla gli darà maggior sollievo del fatto di saperti finalmente in salvo, dopo tutte le difficoltà che hai dovuto superare. Sapevamo dagli informatori delle trappole che il cesare Severo, per ordine di Galerio, aveva predisposto sul tuo cammino, e ti lascio immaginare la sua trepidazione.”
“Ne avevo sentore, ed è proprio per questo che ho cavalcato fino a Gessoriacum quasi ininterrottamente, senza fermarmi a dormire, sfiancando più di un destriero, per evitare di essere assassinato per strada.”
“È quello che temevamo. Vederti sano e salvo, gli sarà di grande sollievo, e lo aiuterà a sentirsi meno solo negli affetti.”
“Perché, nessuno dei miei fratelli è qui?”
“No, sono tutti ad Augusta Treverorum.”
“Dunque non li conoscerò ora?”
“Costanzo ha preferito non esporre l’imperatrice e i tuoi fratellini in queste zone impervie. In queste lande, ormai, la sua famiglia sarai tu.”
Benché naturalmente fosse al corrente del matrimonio del padre con Teodora, e della nascita di altri fratelli, Costantino riattualizzò d’un colpo che, oltre a Elena, Minervina e Prisco, la sua cerchia si allargava dal lato paterno, con una numerosa parentela, di cui fin là aveva solo supposto l’esistenza, ma verso cui non aveva lanciato nessun pensiero affettivo. Mai aveva desiderato conoscerli: e se un sentimento provava nei loro riguardi, era una sorta di malanimo involontario. Benché del tutto innocenti, essi erano la testimonianza tangibile che il padre aveva un’altra famiglia, con una donna per la quale aveva lasciato la madre; e che quei figli erano il frutto concreto della sua unione. Non ne era geloso, no: solo ne rilevava l’esistenza: ma per il resto della sua vita, pur favorendoli, non si mostrerà mai particolarmente tenero nei loro riguardi, come si deduce dai sommari cenni anticipatori sul loro futuro con l’ingombrante fratello.
Un futuro che si era messo in moto nel 293, quando Costanzo, per le implicazioni della tetrarchia, aveva dovuto sposare Teodora, la figliastra di Massimiano, per la quale era stato costretto a lasciare Elena. Teodora, allora di 23 anni, aveva seguito lo sposo nella sede di Augusta Treverorum; e là, dalla loro unione, negli anni seguenti erano nati in stretta successione tre maschi e tre femmine: Flavio Dalmazio, Giulio Costanzo, Annibaliano, Anastasia, Costanza e Eutropia. Tutti fratellastri di Costantino: e tutti destinati ad attraversagli il cammino, in modo più o meno fatale. Ché se, per le drammatiche vicende che seguiranno, nessuno dei maschi gli sopravvivrà, anche la vita delle sorelle sarà pesantemente condizionata dalle decisioni del fratello maggiore. Sicché, fin d’ora in cui nessuno sospetta cosa l’attende, gettiamo sulla loro infanzia il primo velo del misterioso avvenire, già inscritto nelle stelle del futuro imperatore.
Vero è che di Annibaliano non sappiamo nulla; e se non sarà travolto nella strage del 337, dove il suo nome non è menzionato, forse sarà solo per provvidenziale sua morte prematura. Di Flavio Dalmazio, invece, sappiamo che passerà la giovinezza a Tolosa, dove nasceranno i suoi due figli, Dalmazio e Annibaliano; e che tornerà a Costantinopoli per esservi nominato console e censore. Sappiamo ancora che ad Antiochia avrà la responsabilità della sicurezza dei confini dell’impero, e che a lui spetterà di esaminare il caso di Atanasio, l’avversario di Ario, quando sarà accusato di omicidio. Invece il figlio Annibaliano, che di Costantino sposerà la figlia, al contrario dello zio omonimo, e forse in sua vece, non sfuggirà alla macelleria, e sarà ucciso assieme al fratello nella purga che colpirà i membri maschili della famiglia imperiale.
Quanto a Giulio Costanzo, stipulerà due matrimoni: una prima volta con Galla, dalla quale avrà Gallo; e una seconda con Basilina, da cui nascerà Giuliano. Anche lui vivrà per qualche tempo a Tolosa; poi si sposterà a Costantinopoli, dove sarà nominato patricius et nobilissimus dall’augusto fratello. Alla morte del quale sarà ucciso anche lui, assieme a molti altri membri maschi della dinastia, nella strage da cui si salveranno soltanto Gallo e Giuliano.
Sorte meno cruenta, ma altrettanto drammatica, colpirà invece le sorellastre di Costantino. A partire da Anastasia: che un giorno sposerà Bassiano, assecondando i giochi politici dell’imperatore. Il quale però non esiterà a metterlo a morte, allorché gli si ribellerà, sobillato da Licinio. Quel Licinio a cui Costantino avrà intanto dato in sposa la seconda sorella, Costanza, in occasione del loro incontro per il celebre Editto di Milano. Da quell’unione nascerà Valerio Liciniano. Ma poiché Costanza, nello scontro seguente tra i due cognati, si sarà schierata dalla parte del marito, nel 324 invano intercederà per salvargli la vita. Costantino, dopo averlo inizialmente risparmiato, lo farà uccidere l’anno seguente, insieme al figlio. Per poi offrirle, forse a compensarla dello strazio o per scrupolo residuo, onori e titolo di nobilissima foemina, prima che essa, convertita al cristianesimo, si schieri per il partito ariano.
Quanto all’ultima sorella, di nome Eutropia come la nonna, sposerà un certo Virio, da cui avrà Nepoziano, che nel 350 conquisterà Roma per 28 giorni, prima di essere sconfitto e ucciso insieme alla madre.
In attesa del figlio che sta per raggiungerlo, in quell’autunno del 305, mentre combatteva contro il male che di lì a qualche mese l’avrebbe atterrato, neanche lontanamente il mite Costanzo Cloro avrebbe potuto sospettare che della sua discendenza sarebbero rimaste solo briciole; e che il suo primogenito, dopo gli atroci delitti di cui si macchierà di persona, fatalmente trascinerà insieme a sé, nella tomba o nella disperazione, quasi tutti i suoi sventurati rampolli.