La tanto decantata dieta mediterranea si afferma ancora una volta una delle alimentazioni più sane. Negli ultimi tempi, infatti, diversi studi ne hanno confermato la validità nella nostra salute. Uno degli ultimi campi esplorati è quello delle malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson…
Gli ultimi studi nel campo delle malattie neurodegenerative arrivano novità e insieme conferme della validità della famosissima dieta mediterranea.
Prima di tutto per quanto riguarda il morbo di Parkinson, secondo gli ultimi studi, infatti, pare che i sintomi di questa patologia possano migliorare addirittura sino al 30% solo seguendo l’alimentazione corretta e scegliendo i cibi giusti da mettere sui piatti! Naturalmente per il malato di Parkinson sono fondamentali farmaci e riabilitazione, ma questi aumentano i benefici se accompagnati dalla giusta dieta. La dieta “giusta” per il malato di Parkinson deve essere ritagliata su misura in base ai farmaci che vengono assunti. Se il paziente è nelle fasi iniziali della terapia ed è in cura con i farmaci dopaminoagonisti, allora la raccomandazione è quella di avere un’alimentazione semplice ed equilibrata, ispirata ai classici principi della dieta mediterranea: i carboidrati devono rappresentano la principale fonte di energia, fornendo il 55% delle calorie giornaliere, mentre i grassi nobili come l’olio d’oliva devono contribuire per il 30% e le proteine per il 15%. Gli alimenti vanno distribuiti in tre pasti principali e due spuntini: semaforo verde per frutta, verdura e carboidrati complessi (come pasta e pane integrali), mentre altri cibi più a rischio, come carni, salumi, formaggi e dolci, vanno notevolmente limitati. Il discorso si fa un po’ più complesso per quei pazienti in terapia con levodopa: in questo caso è opportuno rivedere e modificare le abitudini alimentari, in modo da garantire un assorbimento ottimale del farmaco. In realtà bastano pochi e semplici accorgimenti, come spiega il professor Gianni Pezzoli, Direttore del Centro Parkison degli Istituti Clinici di Perfezionamento (ICP) di Milano, nonché Presidente dell’Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) e della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson. Nei pazienti che assumono levodopa, l’apporto di proteine con la dieta può interferire con l’assorbimento e quindi con il funzionamento del farmaco. In questi pazienti, è necessario ridistribuire e controllare l’apporto proteico giornaliero, spostando l’assunzione di alimenti ricchi di proteine (come carne, pesce, uova e formaggi) al pasto serale.
Sotto esame, negli ultimi tempi, è stato anche l’Alzheimer a cui si sono dedicati il team di ricercatori del Rush Medical Center di Chicago che hanno pubblicato gli interessanti risultati dello studio da loro condotto sulla rivista rivista Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association. Secondo lo studio, infatti sarebbe proprio una dieta sana, simile a quella Mediterranea con qualche modifica, può dimezzare il rischio di svilupare l’Alzheimer. Nella dieta, chiamata Mind (Mediterranean-DASH Intervention for Neurodegenerative Delay), quindici gruppi di alimenti sono divisi in dieci ‘salutari’, che comprendono tra gli altri verdure a foglia verde, frutta secca, frutti di bosco, cereali integrali e olio d’oliva, e cinque ‘cattivi’, dalla carne rossa al burro ai fritti. Nella dieta gli alimenti cattivi devono essere inseriti meno di una volta a settimana, mentre per gli altri ci sono delle frequenze indicate, ad esempio i frutti di bosco dovrebbero essere mangiati almeno due volte a settimana.
Lo studio ha riguardato oltre 900 persone monitorate dal 1997 al 2013, periodo in cui si sono verificati 144 casi di Alzheimer. Nelle persone che seguivano strettamente la dieta il rischio è risultato minore del 53%, e anche in chi la seguiva saltuariamente si è vista una minore probabilità del 35%.”Proprio il fatto che non serva una aderenza strettissima per ottenere i risultati è molto importante – sottolineano gli autori – perché è molto motivante per le persone”.
Attenzione ai Telomeri
I Telomeri sono piccole porzioni di DNA che si trovano alle estremità dei cromosomi, noti per essere associati alla longevità e per questi vengono detti salvavita. I telomeri si trovano alla fine dei cromosomi e impediscono loro di usurarsi e ‘rimescolare’ i codici genetici che contengono. Nelle persone sane, queste strutture si accorciano progressivamente per tutta la vita, si dimezzando dall’infanzia all’età adulta, e si dimezzano nuovamente nelle persone molto anziane. Telomeri più corti sono quindi associati a una aspettativa di vita inferiore e al maggiore rischio di malattie legate all’età. Più sono lunghi i Telomeri, più si allungano le prospettive di vita e secondo lo studio negli Stati Uniti su 4.676 donne presso l’ospedale Brigham and Women a Boston, pubblicato sulla rivista British Medical Journal. La loro lunghezza è collegata all’abitudine di una dieta alimentare sana, anzi quella consigliata è proprio la dieta mediterranea. Sono state analizzate 4.676 donne di mezza età in buona salute che hanno compilato questionari su stile di vita e alimentazione. È emerso che le donne che basano la loro alimentazione sulla dieta mediterranea hanno telomeri più lunghi. Il prossimo passo sarà determinare se ci sono alimenti in particolare della dieta mediterranea che influiscono sulle regioni terminali dei cromosomi.