È questo l’appello del Capo dello Stato per il 70esimo anniversario della Liberazione
Per questo 70esimo anniversario della Liberazione sono stati organizzati eventi e manifestazioni in tutta Italia, ma anche la Svizzera ha voluto ricordare l’importante data italiana con diversi eventi per celebrare la Liberazione e la fine della seconda guerra mondiale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha scelto l’anniversario della Liberazione al Quirinale per rivolgere un nuovo forte appello innanzitutto alla comunità internazionale, ricordando le tragedie dell’immigrazione, perché come l’Europa settant’anni fa seppe fermare i peggiori crimini contro l’umanità oggi deve intervenire in Africa e Medio Oriente per rimuovere le cause che determinano la fuga di tanti disperati.
“Nel giorno in cui celebriamo la liberazione dell’Italia, non possiamo evitare di pensare al mar Mediterraneo, la culla della nostra civiltà che rischia di essere trasformata in un cimitero. La nostra umanità – afferma Mattarella parlando ai rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’Arma – si ribella di fronte a questo, settant’anni fa come oggi, di fronte alle vite spezzate. Ieri contro la sopraffazione nazifascista, oggi contro chi opprime intere popolazioni, etnie, gruppi religiosi, costretti a fuggire dal fuoco delle armi, dall’indigenza, dal sopruso, dal fanatismo religioso. Dobbiamo unire l’impegno nel soccorso umanitario, in una lotta inflessibile contro i trafficanti di esseri umani e contro il terrorismo”.
“Vogliamo che l’Europa democratica, protagonista settant’anni or sono nella lotta contro i responsabili dei peggiori crimini contro l’umanità, sappia rendersi consapevole oggi della propria responsabilità storica, e che sia artefice di un’iniziativa politica nuova verso i Paesi d’Africa e del Medio Oriente per rimuovere lì le cause che provocano queste disordinate e pericolose migrazioni di persone disperate”.
Il Capo dello Stato, che al Quirinale incontra anche le scuole vincitrici del concorso “Dalla Resistenza alla cittadinanza attiva”, parla del 25 aprile come “festa di libertà e di speranza che ricorda quello che abbiamo conquistato attraverso il sacrificio di tanti e che abbiamo il compito di sviluppare, mantenere e consolidare”. Questo perché “la democrazia non è una conquista definitiva” e occorre evitare l'”appiattimento sul presente che rischia di togliere il senso della storia”. Ai giovani il Presidente della Repubblica affida l’esempio di Ugo Forno, ‘Ughetto’, l’ultimo romano morto a soli dodici anni per cacciare i nazisti dalla Capitale, medaglia d’oro al valor civile, al quale oggi è intitolato il ponte di ferro sull’Aniene, lungo la Salaria, che i tedeschi non riuscirono a far saltare proprio perché ‘Ughetto’ chiamò alle armi un gruppo di contadini adulti.
Uno su due studenti disposto a morire per la libertà
I ragazzi combatterebbero e morirebbero pur di non rinunciare alla libertà. È quanto emerge da un sondaggio svolto da Skuola.net e pubblicato da Adnkronos che, in occasione della premiazione al Quirinale degli studenti vincitori del concorso sulla Resistenza da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha interrogato i ragazzi sul senso del 25 Aprile e, più in generale, della libertà. Su un campione di circa 1500 studenti tra gli 11 e i 21 anni, 1 su 2 non solo sarebbe disposto a combattere, ma persino a morire pur di non rinunciare alla sua libertà.
A minacciarla più di tutto sarebbe il controllo dell’informazione per il 24% dei ragazzi, anche se sono in tanti a sentirsi messi in pericolo dalla minaccia del terrorismo (22%). In ogni caso non potrebbero proprio sentirsi liberi senza sapersi uguali di fronte alla legge, o almeno così dice il 31% di loro. Il senso del 25 Aprile, Festa della Liberazione, è vissuto in maniera molto forte, tanto che il 76% afferma che è importantissimo ricordarlo e celebrarlo ogni anno.
Mettiamo che il nostro Paese sia minacciato da una qualche forza nemica, cosa farebbero i giovani italiani? Il 54% non ci pensa due volte: sarebbe disposto a combattere e morire pur di non rinunciare alla libertà. Una percentuale in realtà composta da un 30% che lotterebbe per il solo ideale di libertà e un altro 24% che combatterebbe solo se ci fosse una minaccia di pericolo reale per sé e per i suoi familiari o amici. Non manca chi, molto meno patriottico, risponde che non sarebbe disposto a dare la vita per questo ideale o tanto meno per il suo Paese (17%), ne chi non sa cosa rispondere (29%).
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