La modella canadese affetta da vitiligine Winnie Harlow è un esempio di come questa forma di dermatite non sia assolutamente invalidante!
Negli ultimi tempi la stiamo vedendo nella campagna pubblicitaria di Desigual, Winnie Harlow, è una modella che non passa certo inosservata. Chiamata ladybug dai fan, Winnie Harlow è la prima modella a soffrire di vitiligine, una malattia della pelle non contagiosa che le dona questo aspetto particolare, anzi proprio unico. E non è neanche l’unica campagna pubblicitaria a cui la modella partecipa, ha posato anche per Diesel e ha già sfilato diverse volte andando a rompere il muro della perfezione imposta dal fashion-system. Grazie a lei si può parlare di più della vitiligine e vedere questa particolare forma di malattia della pelle con occhi diversi riuscendo a capire che non è nulla di minaccioso per gli altri.
La vitiligine è una sorta di dermatite comune caratterizzata da chiazze cutanee carenti (ipocromia) o prive (acromia) di pigmento melanico. Queste chiazze, di solito disposte simmetricamente, possono manifestarsi in qualsiasi parte del corpo, a qualunque età e la loro insorgenza è indipendente dal sesso, dal colore della pelle e dei capelli dei soggetti colpiti. La distribuzione corporea delle macchie è comunque soggetta ad estrema variabilità individuale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, statisticamente parlando, la vitiligine colpisce oltre l’1% della popolazione mondiale senza particolare localizzazione in nessuna area geografica, nessuna differenza di sesso o di razza. La fascia d’età maggiormente colpita comprende soggetti tra i 20-40 anni, benché in pediatria, i casi di vitiligine sono notevolmente in aumento rispetto al passato. La vitiligine è un disturbo autoimmune, dal decorso decisamente rapido (in particolar modo nei bambini); le cellule del sistema immunitario attaccano i melanociti alterandone le funzioni, di conseguenza non riescono a produrre malanina e la pelle rimane bianca.
Come la maggior parte delle malattie autoimmuni, anche nel caso della vitiligine l’ereditarietà gioca un ruolo importante e circa il 13-15% dei casi ha andamento famigliare. Inoltre, sebbene sia stata registrata una predisposizione genetica, pare che non esistano, o non sono ancora state individuati, i fattori scatenanti precisi: l’origine della vitiligine è incerta, mentre è stato constatato che le disfunzioni a carico della tiroide, lo stress ed il calo delle difese immunitarie concorrono a potenziare il disturbo. Inoltre si tratta di un disturbo progressivo che non guarisce mai spontaneamente se non in rarissimi casi. Per fortuna non comporta alcun dolore e non è preoccupante per lo stato di salute in generale, l’unico disturbo potrebbe essere quello di prurito nella zona colpite e soprattutto in fase di sviluppo, per questo il prurito insistente di una zona potrebbe essere anche un sintomo. L’unico aspetto che può davvero risultare compromesso è quello psicologico del soggetto che ne soffre. La vitiligine, infatti, è un disturbo estetico molto evidente, può deturpare l’immagine della persona e soprattutto la percezione soggettiva della propria immagine, provocando conseguenze in ambito sociale e lavorativo. Infine chi è colpito da vitiligine è più esposto ai problemi legati al sole o l’abbronzatura.
Essendo priva del pigmento melanico la pelle di un soggetto affetto da vitiligine è più sensibile alle radiazioni solari a causa della scarsità di melanina prodotta e per evitare scottature ed eritemi deve proteggere accuratamente la pelle. Essendo una malattia autoimmune, è molto difficile da curare e soprattutto guarirne totalmente. Una delle cure più accreditate è la fototerapia con l’uso di raggi ultravioletti UVB. Gli UVB hanno un’azione stimolante sui melanociti e sono in grado di ridurre la risposta immunitaria locale. Per ridurre i potenziali effetti collaterali di questo trattamento come l’eczema, il prurito e l’herpes, sono state messe a punto apparecchiature che agiscono solo sulle zone cutanee interessate. Un trattamento più complesso è invece la fotochemioterapia con raggi ultravioletti: viene inizialmente somministrato un medicinale fotosensibilizzante, in seguito la parte colpita viene esposta ai raggi diretti del sole o, più spesso, a specifiche lampade UVA per ricolorare la pelle. Questo tipo di trattamento è tuttavia associato ad effetti collaterali anche gravi come nausea, scottature, diarrea ed iperpigmentazione imprevista delle aree colpite. A supporto di queste terapie possono essere usatio prodotti dermocosmetici in grado di ridurre la differenza di colore creme, per esempio a base steroidea che hanno la capacità di ripigmentare la pelle oppure creme cortisoniche perché, soprattutto nelle primissime fasi della malattia, possono coadiuvare la ripigmentazione della cute, riducendo l’infiammazione che causa la perdita di melanina.