Se nulla cambia nel 2030 consumeremo due Terre
Lo scorso 13 agosto è stato l’Overshoot Day, il giorno in cui la domanda annuale di risorse dell’umanità supera ciò che la Terra può produrre nello stesso anno. Dal 1970 l’uomo ‘erode’ il capitale naturale del pianeta sempre più in fretta. E se nel 2000 consumavamo le risorse a disposizione in 10 mesi, oggi l’umanità ha consumato completamente il ‘capitale’ annuale in meno di otto. E l’Italia ha fatto peggio, esaurendo tutte le sue risorse in soli 4 mesi, il 5 aprile scorso. In pratica per sostenerci a questi ritmi avremmo bisogno di 3,8 Italie.
Questo è quanto emerge dai dati del Global Footprint Network, il centro studi internazionale sulla sostenibilità che rileva l’andamento delle esigenze dell’umanità nei confronti delle risorse del Pianeta (la cosiddetta impronta ecologica) rispetto alla capacità della natura di far fronte a quelle esigenze (biocapacità).
I costi di questo sforamento ecologico stanno diventando sempre più evidenti e si concretizzano nella deforestazione, nella siccità e nella scarsità di acqua dolce, nell’erosione del suolo, nella perdita di biodiversità ed infine nell’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera. In particolare, se gli attuali modelli climatici sono corretti, gli apporti di CO2 più recenti amplificheranno significativamente gli effetti di quella già presente. Conseguentemente – sottolinea lo studio – i responsabili delle decisioni dei governi che terranno conto nelle loro politiche di questi vincoli crescenti avranno sicuramente più probabilità di avere buoni andamenti nei risultati economici di lungo termine delle loro nazioni. “La sola impronta ecologica da carbonio dell’umanità – dice Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network e co-ideatore del sistema di misurazione delle risorse – è più che raddoppiata tra il 1970, anno in cui il mondo ha cominciato ad andare in sovraconsumo ecologico. Questa rimane la componente che aumenta più velocemente nel crescente divario tra l’Impronta Ecologica e la biocapacità del pianeta”.
“L’accordo globale per abbandonare gradualmente i combustibili fossili che è in discussione a livello mondiale in vista del summit sul clima di Parigi (dicembre 2015) – sottolinea Wackernagel – potrebbe significativamente aiutare a frenare la consistente crescita dell’Impronta ecologica ed eventualmente a ridurla”. L’impronta da carbonio è inscindibilmente connessa alle altre componenti dell’Impronta ecologica ovvero le aree coltivate, i pascoli, le foreste e le aree biologicamente produttive coperti da edifici e strade. Tutte queste componenti competono per lo spazio. Maggiore è richiesta di cibo e di legname da costruzione, minori sono le aree disponibili per l’assorbimento del carbonio prodotto dai combustibili fossili. Ciò significa che le emissioni di carbonio si accumulano nell’atmosfera anziché essere riassorbite completamente.
L’accordo sul clima atteso a dicembre in occasione della Conferenza delle parti delle Nazioni Unite (COP 21) si focalizzerà sul mantenimento del riscaldamento globale entro i due gradi Celsius al di sopra del livello antecedente la rivoluzione industriale. Questo obiettivo condiviso richiederà alle nazioni di attuare politiche per abbandonare completamente i combustibili fossili entro il 2070: questa è la raccomandazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite che ha effetti diretti sull’Impronta ecologica delle nazioni.
Ipotizzando che le emissioni di carbonio siano ridotte come minimo del 30% entro il 2030 rispetto al livello attuale, mantenendosi nello scenario suggerito dall’IPCC, l’Overshoot Day – secondo i calcoli del Global Footprint Network – potrebbe nel 2030 tornare indietro al 16 settembre (ipotizzando che le altre componenti dell’Impronta ecologica continuino ad aumentare alla velocità attuale).
All’opposto, se tutto continuasse come sempre nel 2030 utilizzeremmo l’equivalente di due pianeti con l’Overshoot Day che cadrebbe alla fine di giugno. Alla base di questa proiezione c’è l’ipotesi che gli andamenti della biocapacità, della crescita della popolazione e dei consumi rimangano quelli attualmente previsti. Tuttavia, non è chiaro se un livello sostenuto di sovraconsumo sia possibile senza danneggiare la biocapacità di lungo termine, con conseguente effetti sul consumo e sulla crescita della popolazione.
Adnkronos