Attenzione ad una particolare acidità nelle verdure
Dopo il caso di un pensionato tedesco deceduto dopo aver mangiato le zucchine coltivate nell’orto del vicino, l’Ufficio di ricerca chimica e veterinaria di Stoccarda CVUA hanno avvertito di fare attenzione se le verdure del proprio orto risultano insolitamente amari perché potrebbero contenere in casi molto rari sostanze velenose. Lo CVUA inoltre ha dichiarato che la prima volta che una persona è morta per avvelenamento tramite la sostanza presente nelle zucche è stato 1935 in Sud Africa. Lo CVUA si era occupato del caso del pensionato e ha confermato che il 79enne è morto per colpa delle conseguenze dell’avvelenamento. Due settimane prima di morire il pensionato aveva mangiato uno sformato di zucchine e si è recato alla clinica pensando che si trattasse di un’infezione del tratto gastrointestinale. Sua moglie, che si era accontentata di una porzione più piccola è sopravvissuta e ha potuto lasciare prima la clinica. Il caso è oggetto anche di un’inchiesta della procura: “Dev’essere esaminato se si può incolpare qualcuno per la morte dell’uomo o se è stato destino”, ha detto il portavoce della procura di Ellwangen alla dpa.
Se quindi cetrioli, zucchine o zucche hanno un sapore particolarmente amaro, bisogna smettere immediatamente di mangiarli: il gusto potrebbe essere stato cambiato dalla cucurbitacina, un veleno che non può essere eliminato nemmeno con la cottura.
In Svizzera il bio è ancora trendy
Secondo l’Ufficio federale di statistica (UST), nel 2014 in Svizzera si contano più di 54’000 aziende agricole (-2,1% rispetto al 2013) su una superficie agricola utile stabile pari a circa un milione di ettari. L’agricoltura biologica risulta in continuo aumento ed è ormai praticata da oltre l’11% delle aziende.
Il 2014 si caratterizza per la continuità rispetto al passato. Come gli scorsi anni, il numero di aziende agricole in Svizzera continua a scendere per attestarsi a 54’046, pari a una diminuzione del 2,1% rispetto al 2013. Nello stesso arco di tempo, la superficie agricola utile rimane stabile a 1,05 milioni di ettari ed è per la maggior parte occupata da superfici inerbite (71%) e da colture granarie (14%), principalmente grano e orzo. Nonostante la diminuzione generale del numero di aziende agricole, sono sempre più numerose quelle che adottano l’agricoltura biologica (+2,4%). Nel 2014, 6195 aziende hanno optato per questo sistema produttivo, ovvero l’11,5% del totale, estendendo così la coltura biologica a circa 134’000 ettari. La produzione biologica è assai diffusa anche tra gli allevatori, visto che è stata adottata dal 13% delle aziende detentrici di bestiame.
L’effettivo bovino delle aziende agricole ammonta a 1,56 milioni di capi, dei quali oltre un terzo (38%) sono vacche lattifere. L’effettivo delle pecore (403’000 capi) conferma la lenta diminuzione che si constata da vari anni, mentre il numero di capre si è stabilizzato intorno agli 88’000 capi. La tendenza al rialzo caratterizza invece anche nel 2014 l’allevamento avicolo: il numero di galline ovaiole e di polli da ingrasso è aumentato del 6,4% rispetto al 2013.
Il mercato cresce anche in Italia
Un giro d’affari di 2,6 miliardi, in crescita dell’8% rispetto al 2013. Tanto vale il mercato biologico italiano nel 2014 stando alle stime che FederBio, Federazione italiana agricoltura biologia e biodinamica, ha dichiarato ad Adnkronos. “Un mercato in crescita”, rileva il presidente della federazione Paolo Carnemolla. Ma, allo stesso tempo, “sottosviluppato rispetto alle potenzialità che avrebbe”.
“Dal 2008 – sottolinea Carnemolla all’Adnkronos – il settore biologico, in totale controtendenza rispetto al resto dell’agroalimentare, continua a crescere e abbiamo previsioni che questa crescita continuerà. E i valori saranno anche più elevati sui mercati stranieri in particolare in Europa, soprattutto Germania, Stati Uniti e anche Asia”. Allo stesso tempo però si tratta di “un mercato sottosviluppato rispetto alle potenzialità che avrebbe”. “Le indagini – osserva – dicono che più del 30% dei consumatori sarebbe intenzionato ad acquistare prodotti biologici ma da Firenze in giù e molto difficile trovarne nella rete vendita. Il consumo è fortemente concentrato al Centro nord, per non dire al Nord”. Pesano, spiega Carnemolla, “la scarsa presenza di negozi specializzati in logica moderna e assortimenti spesso modesti”.
Tornando ai dati, si registrano performance differenti nei diversi canali di vendita. Secondo le stime di Assobio, associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione che aderisce a FederBio, l’andamento migliore (+25,8%) è quello dei discount, seguiti da ipermercati (+11,5%) e supermercati (+9,9%). In termini assoluti, però, la quota più importante di mercato è detenuta dai negozi biologici con un valore di oltre 1,1 miliardi e una crescita del 7,5% sull’anno precedente.