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22 November 2024
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Svizzera

I 29 Grandi Elettori!

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5 domande all’Ambasciatore Cosimo Risi risposte dal Consigliere Matteo Romitelli

Può spiegare ai nostri lettori il sistema pratico usato in Ambasciata per la selezione dei 29 grandi elettori?
La legge ci ha guidato nella scelta. È il D.P.R 329 del 1998 che regola la materia e l’articolo 7 dice che quando le associazioni sono in numero superiore ai posti disponibili, la rappresentanza diplomatica, sulla base degli elementi acquisiti e attraverso opportune forme di consultazione, sceglie in base al livello di rappresentatività, alla rilevanza quantitativa e qualitativa dell’attività svolta dalle associazioni. Questi sono i due criteri sostanziali per scegliere le associazioni. Rilevanza quantitativa vuol dire sostanzialmente il numero dei membri, noi abbiamo un database con il numero dei membri dal quale si parte per decidere se un’associazione ha più diritto di un’altra di sedere in assemblea. Il secondo criterio, il più difficile, è quello qualitativo: il tipo di attività svolto, il numero di attività svolte, attività culturali o attività più ricreative, attività sportive…ecco, anche il numero di attività nel corso degli anni è importante.

La lista delle 29 associazioni prescelte sembra, agli occhi degli addetti ai lavori, una spartizione della torta secondo l’ormai vetusto manuale Cencelli: 1/3 alle Colonie Libere (PD); 1/3 alle ACLI (PD) ed il resto agli altri soggetti “selezionati” che, salvo alcune eccezioni, altro non sono che emanazioni delle stesse organizzazioni: COLONIE LIBERE, ACLI e PD. Non sembra anche a Lei?
Gli altri criteri addottati subordinatamente sono stati il criterio della ripartizione geografica, cioè abbiamo cercato di fotografare la situazione delle cinque grandi circoscrizioni consolari e di riempire tutti i posti. Chiaramente è venuto fuori che la circoscrizione di Zurigo è un pochino sovra-rappresentata, ma perché lì stanno oltre 200’000 italiani, è normale. Noi non abbiamo mai guardato la rilevanza politica, anzi ci è proibito.
Non ci sono associazioni espressamente politiche, non ci sono i circoli di certi partiti, questo è vietato. Chiaramente può succedere che ci siano un certo numero di ACLI, magari alcune più radicate sul territorio, un certo numero di Colonie Libere, in fondo queste sono le grandi realtà storiche della Svizzera, ma ce ne sono anche altre, piccole. Abbiamo cercato di guardare la composizione geografica italiana, cioè associazioni regionali: abruzzesi, veneti, bergamaschi. Quindi non abbiamo usato il manuale Cencelli, è assolutamente proibito.

Alle ultime elezioni del CGIE (2004) il suo predecessore Lorenzo Maria Ferrarin ammise, in assemblea, che le liste delle associazioni registrate nei Consolati e in Ambasciata non erano aggiornate e si impegnò a rimediare per il futuro. Lei crede che questi 29 soggetti, di cui non si sa NOME E COGNOME, ma solo sigle, la maggior parte delle quali sconosciute, rappresentino veramente gli oltre 600.000 italiani residenti in Svizzera?
Il Ministero ha inviato all’Ambasciata la lista delle 213 associazioni. Le associazioni hanno designato ognuna un rappresentante, quindi non sono apparse nel sito perché quello che era importante è la singola associazione, ma noi naturalmente abbiamo i designati, anzi i nominativi che parteciperanno poi all’assemblea di sabato, ma la scelta è stata basata sulle associazioni.
Comunque in questi 29 soggetti non ci sono né nomi né cognomi, ma solo sigle…Perché non è detto che l’associazione designi il proprio rappresentante. Mi spiego: noi avevamo il nome del rappresentante legale, ma l’associazione è libera di designare anche qualcun altro. Abbiamo avuto dei casi in cui il rappresentante ha dovuto rinunciare e ha nominato un altro delegato. Addirittura alcune associazioni alla fine si sono ritirate e non hanno delegato nessuno, quindi era difficile mettere il nome, abbiamo preferito mettere le associazioni, perché i nomi passano, l’associazione in quel momento rimane. I nomi sono pubblici, però da quando abbiamo pubblicato la lista a sabato prossimo, qualche nome potrebbe cambiare. Avrebbe creato anche confusione.

Secondo questi criteri adottati, crede che si riuscirà a rappresentare veramente gli oltre 600.000 italiani residenti in Svizzera?
Il compito, chiaramente, è stato molto difficile, partiamo dai numeri: le associazioni registrate erano 213, i Comites sono 96, quindi la legge prescrive che noi si possa scegliere solo il 30% rispetto al numero dei Comites, quindi 29. Da 213 a 29 immaginatevi la difficoltà di scegliere. Chiaramente abbiamo cercato di ripartire al meglio, come dicevo prima, dal punto di vista quantitativo, qualitativo e ripartizione geografica, ma il compito era improbo. Altri paesi non hanno dovuto penare come noi, pensi alla Germania: non è arrivata neanche a scegliere le 50 associazioni, si sono presentate in 47, se non sbaglio. Hanno avuto un compito facile. La realtà svizzera è più vibrante, più attiva, più viva, però questo causa un lavoro in più per l’Ambasciata, non è facile. Magari è vero che ci sono delle ottime associazioni che però non si sono registrate ai Consolati, non avevano il requisito dell’anzianità dei cinque anni, oppure il numero di soci non è sufficientemente alto. La legge chiede soprattutto la rilevanza quantitativa.
La lista inoltre è stata aggiornata nel 2013, magari nel frattempo qualcosa è cambiato, ma io ho dovuto basarmi su quella lista, magari qualche associazione nel frattempo è diventata meno rilevante, qualcun’altra è cresciuta e non è presente, quello può succedere effettivamente.

Molti nostri connazionali, quelli arrivati con la valigia di cartone per chiarirci, si sono da lungo tempo distinti in Svizzera per le loro capacità imprenditoriali, artistiche e culturali. La maggior parte di loro sono, a nostro modo di vedere, i veri ambasciatori dell’Italia in Svizzera. Perché non sono rappresentati? Si aspetta forse che elemosino un “posto”?
Penso a realtà imprenditoriali, aziende che si sono impiantate in Svizzera, anche recentemente, che potrebbero non far parte dell’associazionismo storico, magari sono delle imprese che non hanno ritenuto di formarsi in associazione, questa è una possibilità.
Chiaramente non sono rappresentate nell’associazionismo storico, ma magari sono iscritte alla Camera di Commercio. Poi chiaramente dipende anche dal singolo associarsi, iscriversi ad un’associazione, formarne una, farsi anche vedere. D’altronde noi non riusciamo ad avere sempre al 100% la mano su tutte le realtà.

In un comunicato di protesta, i Comites che, considerata la misera partecipazione alle ultime elezioni (appena un 5%) rappresentano ormai solo se stessi (Patronati, Colonie Libere, ACLI e qualche Partito politico), rimproverano all’Ambasciata di “non aver radiografato bene la realtà dei cittadini italiani residenti in Svizzera. Che la scelta non è stata oculata, equa e rappresentativa”.
Lo stesso PD sostiene che “chi ha stilato quella lista ha manifestato palesemente forti limiti di conoscenza dell’organizzazione sociale ed associativa italiana nella Confederazione”. Cosa risponde?
Con i Comites e con i rappresentanti Cgie ci siamo sentiti, abbiamo discusso ed è nel loro diritto un’opinione diversa. La nostra posizione i Comites l’hanno sempre conosciuta, ci siamo incontrati anche il giorno prima che uscisse la lista, quindi conosco bene la loro posizione e conosco la loro lamentela. Abbiamo dovuto seguire, però questi criteri. Una cosa che voglio dire agli amici del Comites e del Cgie: loro dicono non abbiamo capito quali sono stati i criteri.
I criteri sono quelli che ho detto all’inizio, da lì si parte e lì si torna, al costo di essere un po’ noioso: rilevanza quantitativa e attività svolte e noi abbiamo aggiunto anche una dimensione di bilanciamento geografico, tutto qui. Quello dovevamo fare e quello abbiamo fatto.
Ripeto, forse sono i numeri che ci hanno costretto a quello, passare dalle 213 alle 29 finali, quello è stato veramente improbo. Immaginate due realtà associative, magari ambientate entrambi nella zona di Zurigo, con un numero di soci simile, attività simile, perché poi non è che ci siano tante attività, le associazioni fanno quello: attività ricreative, culturali, economico-commerciali, cosa scegliere? Non è facile, a volte c’è proprio una difficoltà, non dico chiaramente che siamo andati col pallottoliere, però alcune scelte sono state anche dolorose in fondo.
Abbiamo privilegiato una piuttosto che l’altra, ma sempre tenendo conto questo quadro normativo giuridico che è stringente.
Poi anche la legge forse è figlia di un tempo diverso, quando forse il sistema associativo era anche diverso, c’era un numero maggiore di Comites in Svizzera e quindi un numero maggiore di associazioni da convocare.
Il fenomeno nuovo della legge sugli italiani all’estero ha dato la possibilità agli italiani di votare per Parlamentari, cioè è un mondo nuovo e magari la legge forse non è stata ancora adeguata a queste mutate realtà, ma noi dobbiamo applicare la legge assolutamente.
Non è una critica, è semplicemente una costatazione.

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