La mitica W ha perduto la sua verginità. Eterna e invincibile, era sopravvissuta persino alla catastrofe – militare e morale – tedesca della seconda guerra mondiale.
D’altronde, lo diceva il suo nome: macchina del popolo. E un popolo, seppur sconfitto, continua la sua avventura su questa terra infame trovando in se il magico afflato per rialzarsi e guardare avanti ad un nuovo e più umano destino. Forza Germania!, verrebbe da dire, se non corressimo il rischio di deludere quei troppi maramaldi pronti a infliggere un’ultima stilettata al gigante morente. Ma e purtroppo anche stavolta, l’ha fatta grossa.
Non vi sono mezze misure nel suo destino di popolo triste e romantico. Dalla musica alla filosofia e per fermarsi alla scienza, ha dato il meglio di se stessa. Maledizione a te, cara Germania, che poi sporcasti tutto con quell’orribile crimine che sta ancora e perennemente nella memoria dell’umanità. Nulla capisco di musica. Anche se, alla nona di Ludwig van Beethoven, sento come un brivido attraversare le mie stanche ossa. Ho cercato nel genio dei tuoi pensatori – Karl Marx, in primis – la verità che potesse cambiare il mondo. E impressa alla mia memoria sta la frase immortale di Albert Einstein all’arrivo negli Stati Uniti d’America dopo essere sfuggito al terrore hitleriano.
Compila il formulario, l’immenso. E alla domanda “razza” si arresta e intinge nel rosso la penna: umana. La formula che cambiò il mondo iniziò da quell’unica dolce parola. E tutto non fu più come prima. Ho poi amato Willy Brand, l’uomo che lottò contro il suo stesso popolo durante il periodo nazista per poi divenire il protagonista della nuova Germania. Lui, il cancelliere della Ostpolitik e della distensione, allora sindaco della città accanto a John F. Kennedy nel mentre pronuncia la storica frase: Ich bin ein Berliner.
O inginocchiato a Varsavia, a chiedere scusa e perdono, di fronte al monumento eretto a ricordo dell’immane sterminio. Grandezza di un uomo e di uno statista. Ho poco apprezzato, per contro, Helmut Smith, che usava schernire gli italiani raccontando come, a differenza dei carri armati tedeschi, quelli italiani avevano anche la retro marcia.
Intelligente, il successore di Brand. E forse, politico illuminato. Diciamola così: un po’ troppo tedesco. Quel mio incorreggibile vizio di riandare al passato per dare risposte a quello che accade al presente non sempre è di aiuto a comprendere il fatto nel tempo che accade. Ma come non rammentare l’omino del mio villaggio nativo che ancora scorrazza con il maggiolino del secolo scorso – forse anni sessanta – un misto di acciaio e grigia ferraglia. Ritorno in paese ogni tanto a salutare e abbracciare quel che resta di mia madre in quel suo sguardo profondo che sembra cercare nel figlio adorato un ultimo soffio di vita. E là, sullo spazio accanto al torrente, rivedo l’omino a cui accennavo intento a lavare quello strano cartoccio.
Lo annaffia con l’acqua schiumosa. Ed è talmente amorevole il gesto da sembrarmi il timore di non farle del male. Talvolta, e quasi per gioco, si arrestano i tanti passanti per ascoltare la storia di sempre. Di come acquistò il maggiolino- non nuovo ma di terza mano – negli anni in cui, appena finito il servizio nell’arma, era un giovane ardito addetto al servizio di guardia nei boschi della sua Valtellina. E mentre lui spiega e dispiega il come e il perché comprendi come mai quell’ammasso ferroso che erutta un fumo dall’odore bestiale, scorrazzi su e giù per le ripide strade, talvolta franose, che portano ai pascoli dell’alpe chiamata fontana attirando uno sguardo distratto e io penso, schifato, della regina della malga intenta a gustare il suo pasto montano. Tale era il mito della W. Da essere, nei secoli, eterno. Chissà che accadrà, ora? Ora che tutta la gamma Volkswagen sembra avere, chiamiamoli così, i tubi di scappamento truccati. Li vedo smarriti, i milioni di fans scorrazzanti nelle lucide Audi o con la Porsche, che già nella foggia, nello stile e nel nome, è come una dama nel fiore degli anni.
Li vedo smarriti. Ma, chissà?, forse non per un tempo infinito. Come sempre è accaduto, i germani sapranno rialzarsi. Sembrano dirti, e già si intravvedono alcuni segnali, al riguardo, nei gesti severi di Angela Merkel. Abbiamo truccato. D’accordo. Ma siamo sempre i migliori. Ai posteri l’ardua sentenza.