Il futuro entra in noi molto prima che accada. Non ce ne accorgiamo. Eppure è lì: discreto, avvolgente, ammaliante. Ti indica una via senza uscita perché tocca a te costruire il resto del tragitto. Solo un tratto, naturalmente. Quello che il destino ti ha dato. E toccherà poi ad altri continuare l’avventura dell’uomo su questa nostra terra.
Se dovessi trovare una sintesi al terzo forum per il dialogo tra l’Italia e la Svizzera, uno slogan, uno spot per promuovere il quarto che si svolgerà il prossimo anno, probabilmente, al Gottardo in una zona a nord o a sud della grande montagna, indicherei la celebre affermazione di Rainer Maria Rilke. Quanto ci apprestiamo a fare in questa mattinata ottobrina romana ci appare nella sua straordinaria normalità. Ma non è cosi. Attraverso il transatlantico del chiacchiericcio politico quotidiano e già la lancetta dell’orologio appeso in alto a destra indica le dieci e trenta. Devo affrettarmi. Alle undici in punto il Frecciarossa dell’alta velocità mi condurrà a Milano in tempo per partecipare al Forum italo-svizzero. Due ore e cinquanta per spostarsi dalla capitale politica a quella morale della nostra Italia. Il tempo per leggere i quotidiani, un leggero spuntino al bistrot, un’occhiata agli appunti preparati per un mio eventuale intervento, e chissà?, forse un sonnellino liberatorio delle tante preoccupazioni quotidiane.
Il breve tratto metropolitano – otto minuti o poco più – e sono all’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale ) in perfetto orario per l ‘inizio del Forum introdotto dal direttore di Limes, Lucio Caracciolo. Già: il futuro ci ha aperto le braccia con la discrezionalità dell’amico che non bussa mai alla tua porta oltre le venti della sera. Ne approfitti senza saperlo, assolvendo ai tuoi compiti quotidiani in due grandi città distanti all’incirca seicento chilometri e senza problemi discontinuità. Non parliamo del nonno, che usava raccontarmi la favola della tradotta che conduceva al sud delle Puglie e della successiva traversata dello Ionio verso Tirana su una nave tanto grande, da lui indicata con una ampio gesto delle mani, quasi si trattasse del leggendario Titanic. Ma anche il babbo, scomparso alle soglie del duemila, rimarrebbe attonito di fronte allo spettacolo della odierna modernità. Su, Gianni! Stai divagando per non commuoverti. Approfitto di un breve intermezzo dei lavori per fare una corsa verso la Scala, ammirare la piazza dedicata al genio Leonardo da Vinci, attraversare la Galleria brulicante di una umanità dai mille linguaggi e luccicante all’ultimo raggio di sole del tardo pomeriggio e raggiungere il Duomo.
Entro dalla porta a sinistra, quella dedicata ai fedeli per la preghiera e mi appare per lo meno strana l’anomalia di un quasi miscredente che occupa lo spazio del pentimento e della misericordia, per usare una celebre affermazione di Francesco, il pontefice romano. Cammino lentamente nella penombra dell’interno del Duomo. Un invito al raccoglimento e al rispetto per la sacralità del luogo. Vado lungo la navata per raggiungere la cripta ove è sepolto il cardinale Carlo Maria Martini. Ne scorgo tanti in ginocchio e preghiera Rifletto e ricordo Accompagnavo un alto dirigente della sinistra all’incontro con l’allora Arcivescovo di Milano. Mi colpì il senso di imponenza dell’uomo. Quel suo dire essenziale dei concetti, eppure ricchi di una straordinaria solennità. Il politico, di cui non sembrami gentile fare il nome, espresse una riflessione a caldo. La invidio, cardinale.
Lei fa una grande politica senza aver bisogno di conquistare il consenso. La risposta mi colse di sorpresa. Anche tra noi, caro segretario, le dovessi dire.(…..) Forse cento puntini. La saggezza millenaria dell’uomo di chiesa. In gioventù salivo in alto a salutare la madonnina. Da lassù, se la giornata era limpida, scorgevo le vette della mia Valtellina. Non ho parlato dei temi del forum. Lo farò prossimamente. Si è detto di come l’uomo ha vinto la montagna scavando alla base per permettere al futuro Cisalpino di attraversarla come se fosse una grande pianura. Chissa? Tanti giovani della città dell’Expo frequenteranno il politecnico di Zurigo e altrettanto sarà per i ragazzi della Limmat all’università di Milano. Si incroceranno, penso, a metà strada. Di qua o di là della grande montagna. Uno sguardo. Un saluto, Un sorriso. Il futuro è già incominciato.