Minivocabolario di Paolo Tebaldi
2a parte
Concludiamo la breve ricostruzione del percorso storico del Femminismo citando il „Grande Dizionario Enciclopedico“ della UTET:
«Negli Stati Uniti il National Women’s Party, fondato nel 1913, riuscì dopo anni di lotte a far attribuire, con il 19° Emendamento alla Costituzione, il voto alle donne. Questo riconoscimento si era già avuto in Finlandia (1906), Norvegia (1907-1909), Danimarca (1915), Russia (1917), Germania, Austria e Cecoslovacchia (1918); si ebbe poi anche in Svezia (1919-1921), Olanda (1923), Francia, Italia (1945) e Belgio (1946).
La seconda guerra mondiale vide la donna inserirsi addirittura in attività paramilitari e sia nell’URSS, sia nella lotta partigiana internazionale, entrare in linea accanto agli uomini.
In Italia nel secondo dopoguerra si costituirono varie associazioni femminili (…). A tale vasto movimento si accompagnò una più decisa presa di coscienza dei propri diritti. Dalla Costituzione repubblicana del 1948 venne poi sancita l’assoluta parità delle donne agli uomini a tutti gli effetti giuridici e politici (art.2)».
Certo, ce ne sono voluti di scontri, rivendicazioni, rivolgimenti, manifestazioni di massa per superare certe asserzioni sessiste, resistenze e posizioni retrograde come ricorda Gianfranco Pasquino nel „Dizionario di politica“: «“La femmina è contraddistinta da un’impotenza“ (Aristotele); La donna è un uomo mancato“ (San Tommaso). Le affermazioni dei due grandi maestri della tradizione occidentale danno massima evidenza espressiva a quel pregiudizio contro cui ogni teoria e ogni politica femminista ha dovuto inevitabilmente lottare per potersi affermare (…). Il paternalismo, fenomeno sociale e culturale, trasferisce dalla famiglia alla politica comportamenti e stili che perpetuano lo stato di sottomissione delle donne. Di qui, l’affermazione femminista : „Il privato è politico“, sia perché già nel privato si esercita il potere degli uomini sia perché senza trasformare radicalmente la condizione delle donne, madri e figlie, nella famiglia e nella società continuerà ad essere impossibile cambiare la politica». Ma oggi qualcosa è cambiato nel panorama pubblico e istituzionale del nostro Paese: le quote rosa alle elezioni, la Boldrini nella massima carica della Camera, diverse Ministre del governo Renzi, belle, intraprendenti e decise anche se tutte legate al carro del Capo dell’Esecutivo e Segretario del PD, presidenti al femminile nei consigli di amministrazione di importanti società quotate, energiche dirigenti nei sindacati e nei partiti. «Vinta per il riconoscimento e l’eguaglianza nel privato – commentava con ottimismo Pasquino – la battaglia per il „politico“ è diventata più facile e ha conseguito maggiore successo». Quando il famoso studioso e accademico torinese, considerato uno dei massimi esperti di scienze politiche a livello internazionale, arrivava a queste conclusioni, centamente non poteva immaginare lo squallido spettacolo che hanno offerto recentemente, nel corso di una seduta a Palazzo Madama, due senatori di destra rivolgendosi alle colleghe del Movimento 5 Stelle con gesti osceni e mimando la fellatio (coito orale). Ed è altrettanto vero che l’esercizio del comando resta ancora saldamente in mano ai maschi, che le donne guadagnano nel lavoro meno degli uomini, che forti ostacoli sociali e pregiudizi impediscono una piena parità e che non sono diminuiti i femminicidi, le violenze dentro e fuori le case contro mogli e compagne. Tuttavia il vecchio adagio maschilista: „Chi dice donna dice danno“ può oggi essere sostituito da quello democratico e confortante: „chi dice donna dice dono“, perché davvero le discendenti di Eva rappresentano una prerogativa, la risorsa, la condizione insopprimibile, l’auspicio per una società più giusta e un futuro migliore.