Valeria, Nicolas, Armelie, Quentin, Thomas
Leggo su Le Monde un ritratto molto bello di Valeria Soresin, la veneziana che amava la Francia, e soprattutto Parigi, come l’ho amata anch’io in quegli anni in cui riempivo le mie giornate tra l’ufficio situato nei pressi de la Gare de l’Est e la rue Solferino della grande politica.,
“Mais poutain, c’est pas vrai!” Era, come si suole dire, il suo intercalare, alto e forte, ogni qual volta le capitava di udire le sentenziose affermazioni di certi pseudo intellettuali usi passare le notti nei bistrot della rue San Martin sino alle prime luci dell’alba.
I suoi amici la chiamavano il sole, le soleil. Una storia di calore, naturalmente, ma soprattutto di ragionamento. L’Italia, anestetizzata dagli anni Berlusconi, appariva esigua e nana, inadeguata a carpire la splendente ricchezza dei suoi venti anni. Una breve esperienza in Canada, nella Montreal, regina della francofonia e poi, con l’immancabile RyanAir, il volo verso Nantes, via Parigi per completare i suoi studi di sociologia. Generazione Erasmus. Si circonda, Valeria, di tutte le nazionalità di cui è ricca quella città, apprende e trasforma il suo sapere in uno spazio cosmopolita, quello ideato nelle sue passeggiate infantili tra un rio e l’altro della magica città lagunare.
Ogni tanto, qualche viaggio in aereo, il marchio inconfondibile della generazione RyanAir, per ritrovare la sua famiglia, i suoi parenti, l’amata nonna, il fratello minore Dario e Rava, l’uomo della sua vita, rimasto a Venezia, ma che ogni tanto la raggiunge a Parigi, così per non soffrire troppo della sua mancanza, di quel sorriso avvolgente, del calore di un abbraccio tanto forte da sbadacchiare ( spettinare – sbadascià- nel dialetto degli anziani della valle Prenzera) quella barbaccia rossa tanto bohémien.
Malgrado la distanza, quei due non si sono mai lasciati. È nelle sue braccia che, venerdì tredici novembre, Valeria è stata abbattuta dai terroristi al Bataclan. Una esecuzione a sangue freddo, malvagia. Scrive Charlotte Chabas, la giornalista di Le Monde, raccontando l’affermazione di un amico, che, ella, con il suo umore al vetriolo, avrebbe commentato: Non bisogna mai lasciarsi abbattere. Per pagarsi gli studi e conseguire il master, svolgeva le mansioni più disparate: cassiera in un cinema, dama di compagnia per gli anziani bisognosi di vicinanza e affetto, corsi agli allievi in ritardo con gli studi e altro ancora.
L’indipendenza era una cosa essenziale per realizzare i suoi sogni. C’era in lei quel desiderio costante di andare all’incontro di chi aveva bisogno, nel senso più alto e nobile che si può dare a tale affermazione. Aveva un’abitudine tutta particolare di sorridere, come se ella volesse portare gli altri a condividere la sua serenità e la sua gioia di vivere. Nell’ultimo periodo, Rava, l’aveva raggiunta a Parigi. Dovettero quindi abbandonare l’angusta camera situata all’ultimo piano del palazzone della rue Voltaire per installarsi nell’undicesimo arrondissement di Parigi. Quando lui pagava l’esoso affitto mensile della nuova pigione, ella rideva di gusto. Poutain, per causa tua, i nostri figli non potranno frequentare l’università. Fine della storia. O forse, no.
Nicolas Degehard, il gigante buono, padre di Altea, l’ infante che lui adorava e amava condurre lungo la rue Charonne alla ricerca di un bistrot con il sciroppo di mirtilli; Armelie Pumir Anticevic, la croata che non credeva in alcun Dio, ma che per le esequie suo marito non ha trovato che la chiesa di Belleville, capace di contenere più di 500 persone; Quentin Mourier, l’architetto umanista che sognava di fare delle banlieues parigine i giardini di un novello Eden; Thomas Duperron, l’addetto all’organizzazione della piccola sala di concerti de la Maroquinerie situata nel ventesimo arrondissement, che, per quella particolare serata al Bataclan, aveva preso un breve via libero: sono solo alcuni nomi delle vittime scanditi nella celebrazione a Les Invalides.
Valerie, Nicolas, Armelie, Quentin, Thomas, l’odio ha vinto la loro voglia di vivere, di amare, di conoscere il mondo racchiuso nel formicolio cosmopolita de la ville lumiere che loro avevano in corpo come segno di una umanità che sa apprendere e amare.
Sarà Altea, la fanciulla che ha perduto suo padre, a portare un giorno una rosa ove tanti anni prima si è interrotto il suo sogno.
Una rosa. E tutti loro sapranno di aver vinto l’oblio.
E chissà? Forse, non sono morti invano.