È uscito il fantasy venato di horror A Christmas Carol, rilettura del premio Oscar Robert Zemeckis di un classico racconto di Disney.
Zemeckis con il Natale ha un rapporto cinematograficamente intenso avendo già realizzato lo spettacolare The Polar Express nel 2004 in cui aveva sperimentato con Tom Cruise la stessa tecnica performance capture portata qui all’eccesso del 3D.
A Christmas Carol con un Jim Carrey irriconoscibile nei panni del vecchio avaro sprezzante Scrooge è uno di quei film su cui il cinema punta per lanciare il tridimensionale, tra cui l’atteso Avatar di James Cameron, in uscita a gennaio. Il film si vede con gli appositi occhialini da tre dimensioni che lo rendono ancora più magicamente pauroso: lo spettatore è trascinato in vorticosi voli tra i fiocchi di neve sulla Londra ottocentesca della storia, tra urla, sussulti e un iperrealismo grafico che ‘buca’ lo schermo in direzione della sala, con qualche capogiro nei continui momenti in cui Carrey-Scrooge vola (o precipita) trascinato dagli spiriti natalizi che lo perseguitano.
Fantasmi repellenti, spiriti ‘amici’ che in realtà terrorizzano protagonista e spettatore e un avaraccio Scrooge reso la persona più indesiderabile che si possa immaginare: A Christmas Carol, tratto dall’omonima novella di redenzione natalizia di Charles Dickens, di dolce ha solo la canzone God bless us everyone di Andrea Bocelli, che chiude il film.
Il film racconta di Scrooge che comincia le festività natalizie con il disprezzo di sempre urlando al suo fedele impiegato, Bob, (Gary Oldman) che riceve uno stipendio da fame e ha una famiglia numerosa, e al gioviale nipote (Colin Firth). Per lui il Natale è solo un giorno in cui deve pagare Bob che resterà però a casa. La notte della vigilia compare però, terrorizzandolo, il fantasma del suo socio in affari Marley, morto sette anni prima. Marley gli annuncia l’arrivo di tre Spiriti. Quando gli spiriti del Natale passato, presente e futuro lo portano in un viaggio che gli rivela delle verità che il vecchio Scrooge non vuole affrontare, capisce di dover aprire il suo cuore per compensare anni di cattiva condotta prima che sia troppo tardi.
“Ho voluto rendere reale questo personaggio”, ha detto Carrey alla stampa. “Tutti noi ci raccontiamo bugie su noi stessi. Quella di Scrooge riguarda l’impossibilità di amare. L’ho fatto al di là di ogni possibilità di redenzione”. Nella pellicola, Carrey dà sfogo a tutto il suo virtuosismo, cambiando numerosi accenti quando passa da Scrooge ai vari spiriti. Ma i bambini, destinatari di questa pellicola, non saranno troppo impauriti da questa fiaba così gotica? I protagonisti e il regista pensano di no. “Io credo che il fattore più importante sia la suspense, non i fantasmi che fanno paura”, ha risposto Zemeckis. “Dickens l’ha scritta così, e sarebbe stato criminale cercare di ammorbidirla. Io credo che i bambini sentano la tensione drammatica e non abbiano problemi con le immagini paurose”. Zemeckis coglie il profondo senso morale dell’opera di Dickens e non ne attenua i toni, facendo riflettere con efficacia non tanto su una visione edulcorata del Natale quanto piuttosto sul senso che la vita di ognuno (credente o non credente che sia, considerata la non leggera considerazione sugli uomini di chiesa pronunciata dal quasi mitologico Spirito del Natale Presente) può assumere su questa terra.
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