Nel Mezzogiorno la situazione più drammatica e preoccupante
A festeggiare il 1° maggio sono stati circa 22 milioni e 500 mila italiani, quelli occupati, tra lavoratori dipendenti e autonomi, il 56,3% del totale. E nonostante gli ultimi dati Istat sulla disoccupazione tratteggino un miglioramento, i ritardi che il nostro paese continua a registrare “sono molto preoccupanti”: tra i 28 paesi dell’Unione europea solo la Croazia, con il 55,8% e la Grecia, 50,8%, presentano un tasso di occupazione più basso del nostro.
Dal 2008 al 2015, infatti, la crisi ha portato via complessivamente 625.600 posti di lavoro, anche se tra il 2014 e il 2015 il Paese è riuscito a recuperarne circa 186.000.
È la Cgia di Mestre a fotografare così la situazione del mercato del lavoro che al netto di disoccupati, scoraggiati e inattivi registra un gap con la Germania di 17,7 punti percentuali con la Germania, di 16,4 punti con il Regno Unito e di 7,9 punti con la Francia.
Nel Mezzogiorno la situazione più drammatica e preoccupante. Quasi tutte le regioni registrano un tasso di occupazione inferiore addirittura a quello greco: la Sardegna, ad esempio, presenta 0,7 punti percentuali in meno rispetto al dato medio di Atene, il Molise 1,4, la Basilicata 1,6, la Puglia 7,5, la Sicilia 10,8, la Campania 11,2 e la Calabria 11,9. Non solo. In 8 anni la Calabria ha perso l’11,9% degli occupati, il Molise il 9,7%; la Sicilia l’8,5% e la Puglia, l’8,4%.
E assieme agli occupati, ai disoccupati , agli inattivi, ormai un esercito di 14 milioni, la Cgia calcola anche “i lavoratori non dichiarati”, quelli in nero, i dopolavoristi, i pensionati, i disoccupati, e anche i cassaintegrati che al Sud registrano un mini-boom: anche se le ultime statistiche disponibili sono riferite al 2013, infatti, si legge nel Report, di contro ad una media nazionale del 12,8% la Calabria ne ‘denuncia’ il 22,9%, in Campania il 21,4% e in Sicilia il 20%.
La situazione sul fronte occupazione peggiora se si prende poi in considerazione l’occupazione femminile: il tasso italiano è pari al 47,2% che porta lo scarto con la media Ue a 13,2 punti, mentre in quello giovanile, attestatosi nel 2015 al 15,6%, il differenziale schizza a 17,5 punti percentuali.
“Per ridare slancio all’occupazione dobbiamo tornare a investire, visto che negli ultimi 8 anni questo indicatore ha subito una caduta verticale di quasi 30 punti percentuali. Altrimenti, c’è il pericolo che il nostro paese perda la sfida dell’innovazione, della ricerca, della competitività e scivoli in una stagnazione economica senza vie d’uscita”, ribadisce il segretario della Cgia Renato Mason. “Quando analizziamo i dati riferiti al mercato del lavoro – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo – l’attenzione è quasi sempre rivolta all’andamento del tasso di disoccupazione. In realtà il tasso di occupazione è più importante, perché lega questo indice a doppio filo con il livello di produzione di ricchezza di un’area. In altre parole, tra il numero di occupati e la ricchezza prodotta in un determinato territorio c’è un rapporto diretto. Al crescere dell’uno, aumenta anche l’altra”.
Quasi tutte le regioni registrano un tasso
di occupazione inferiore addirittura a quello greco: la Sardegna, ad esempio, presenta 0,7 punti percentuali in meno rispetto al dato medio di Atene, il Molise 1,4, la Basilicata 1,6, la Puglia 7,5, la Sicilia 10,8, la Campania 11,2 e la Calabria 11,9 .
Adnkronos
foto: Ansa