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22 November 2024
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Interviste

La comunità italiana di Ginevra ospita lo spettacolo “L’orda” di Gian Antonio Stella

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“L’orda” di Gian Antonio Stella, tratto dall’omonimo libro, si rivela essere lo spettacolo che riesce magistralmente a fotografare e mostrare i diversi volti dell’emigrazione italiana, passando dalle sofferenze alle tragedie, dalla fame al successo, arrivando al predominio dell’orgoglio italiano nella storia del mondo moderno.
Attraverso l’organizzazione di molte associazioni italiane sollecitate da Gianni Tinella e Ilaria Di Resta, con il sostegno della Città di Ginevra e alcuni sponsors, Gian Antonio Stella, narra la sua storia con immagini di realtà storiche, accompagnato da Gualtiero Bertelli, e da “La Compagnia delle Acque” con Giuseppina Casarin, Rachele Colombo e Paolo Favorido, con la quale si sono esibiti in diversi brani musicali che hanno raccontato e accompagnato l’emigrazione italiana nel tempo.
G. A. Stella, attraverso lo scorrere delle immagini, ha narrato con la giusta temperanza una storia comune: quella dell’emigrante. Vedere quelle immagini a testimonianza delle tragedie di intere famiglie italiane che partivano senza mai arrivare a destinazione, faceva vivere e rivivere ricordi amari. Vivere e rivivere le sofferenze che hanno segnato l’emigrazione italiana nel mondo è stato a dir poco commovente ed emozionante. Ascoltare l’esperienza che ha accomunato 30 milioni di italiani che con dignità e disperazione, hanno raggiunto, nell’arco di un secolo, ogni angolo della terra portando i valori antichi della nostra civiltà, suscitava orgoglio e compartecipazione profonda. L’italiano, uno dei primi a mostrare cosa sia stata l’emigrazione, spinto dalla necessità di assicurare un futuro migliore per sé e per i propri cari, e che ha patito sovente molti disagi, discriminazioni, sofferenze ed afflizioni, ha evocato in tutti noi il giusto orgoglio. Seduto li, ad ascoltare Gian Antonio Stella che parla di me (proprio di me) e che parla delle tante altre persone sedute dietro di me e di quei milioni di emigranti che hanno lasciato la terra natia ed i propri affetti in cerca di un lavoro per vivere dignitosamente insieme alla propria famiglia, in cerca di quello che la madre Patria non poteva offrire, ebbene, mi ha fatto vivere un bel momento ricordando la nostra comune storia.
Carmelo Vaccaro
foto: Riccardo Galardi

L’occasione è stata perfetta per incontrare l’autore G. A. Stella, che ha rilasciato un’intervista per “La Notizia di Ginevra”, “La Pagina” di Zurigo e www.ciaoitalia.tv , di cui vi proponiamo uno stralcio:

Questa sua opera pubblicata nel 2002, diventa un recital per dare maggiore risonanza all’emigrazione e alle sue molteplice sfaccettature. Qual’è stato l’input che ha poi portato alla realizzazione di questo spettacolo?
Un manifesto della Lega! Diceva: l’orda no. C’era questo manifesto terribile in cui si vedeva una massa di gente in una nave piena di albanesi, ed era inaccettabile chiamarla “l’orda”, anche perché era stata chiamate “l’orda verde oliva, l’immigrazione degli italiani in Australia”. Lo sapevo perché l’avevo studiato per cui, partendo proprio da questa idea: “loro chiamano l’orda come sono stati chiamati i nostri nonni”. Non solo era un’offesa per i nostri emigrati ma anche per gli altri, per questo ho deciso di scrivere questo libro per ricordare la nostra storia.

L’Orda narra la vicenda dell’emigrazione italiana che ha riguardato più di 30 milioni di italiani in 100 anni. Questo argomento è, tra l’altro, sempre d’attualità. Secondo lei, siamo condannati ad essere un popolo dal facile esodo?
Se ci fosse la possibilità di fare uno scambio, a me non farebbe paura: se i nostri ragazzi vanno a studiare all’estero e gli altri vengono in Italia, a me va benissimo. Mi va benissimo che la gente si mischi. Ma diventa un problema se emigrano i “cervelli” e nessuno viene a studiare da noi. Le università italiane hanno pochissimi studenti stranieri rispetto ad altri paesi, e questo non va bene anche perché se poi se ne vanno i migliori, questo diventa un problema. Poi, ti ritrovi con quelli che sono rimasti che, magari, spesso non sono neanche all’altezza della situazione.

La tribù italica che conquista il mondo attraverso l’emigrazione. Gli italiani all’estero hanno portato ricchezze all’Italia, come si potrebbe spiegare la scarsa considerazione che l’Italia riserva ai suoi emigranti?
In America, se sei partito con le pezze nei pantaloni e poi fai fortuna, te ne vanti! Cioè dici: io ero poverissimo, adesso guadagno quanto basta per potermene vantare. Ero un miserabile, adesso mi sono costruito una casa con decine di stanze. Di questo se ne vantano, ed è un valore avere avuto successo.
In Italia, per vari motivi, quest’idea non c’è! Anzi, quasi ci si vergogna delle origini. Io sono veneto, tanti veneti non parlano il dialetto perché gli pare che esprimersi in dialetto sia qualcosa che sa di povertà, qualcosa di troppo di popolano, mentre, per esempio, le persone che amano il Veneto, parlano il dialetto, come il sottoscritto che lo parla a casa e con tutti gli amici con cui è possibile parlarlo .
Si ha come l’impressione che quasi ci si vergogni di aver dovuto emigrare, ci si vergogni di essere stati poveri e questo, personalmente non riesco a capirlo, lo trovo addirittura sciocco, sicuramente varrebbe la pena di pensarla in maniera diversa.

La mia domanda si riferiva soprattutto alla politica italiana che ha dimenticato che, negli anni 60/70, la forza lavorativa all’estero era la quarta entrata del PIL nazionale.
Indubbiamente le rimesse italiane sono state sempre di notevole entità e hanno aiutato il Paese. Ma credo che già allora i politici non se ne accorgessero.
È vero! C’è sempre stata una disattenzione colpevole della politica italiana verso i suoi emigrati.
Questo spettacolo è stata una bella occasione per ritrovarci tutti insieme intorno ad un evento che riguardava il vissuto della vecchia emigrazione. Una brillante e colta testimonianza di quelle che sono state le vicissitudini del nostro popolo emigrante.
C.V.

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