Quando il presidente americano ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace sono in molti ad aver storto il naso per l’inusualità di un riconoscimento dato non a chi aveva operato ma a chi poteva operare per la pace. In altre parole, darlo all’inizio del mandato, e non alla fine, o era un atto politico oppure un tentativo di condizionarne l’azione, per cui lo stesso beneficiario aveva messo le mani avanti mostrando sorpresa.
In realtà, come avemmo modo di dire a suo tempo, il Premio avrebbe potuto arrecare imbarazzo al presidente stesso.
È ciò che si è verificato allorché Barack Obama ha deciso di inviare circa 30 mila soldati in più in Afghanistan. Sono in molti ad averlo irriso. Gli è stata addebitata una decisione “guerrafondaia” che, senza il Nobel, difficilmente sarebbe stata contestata, per lo meno con la stessa virulenza.
All’indomani del fallito attentato sull’aereo della Delta da parte di un uomo addestrato da Al Qaeda nello Yemen, Obama ha dichiarato: “Dietro l’attentato di Natale ci sono gli uomini di Bin Laden. Li puniremo”. Le punizioni, probabilmente, saranno una serie di raid aerei sui rifugi dei terroristi nello Yemen, d’accordo con il governo di questo Paese. Non sappiamo, ovviamente, quando e come avverranno gli attacchi, sappiamo, però, che aumenterà la schiera di coloro che diranno: è titolare di un Nobel per la Pace e scarica bombe su regioni dove magari hanno sì trovato rifugio i terroristi, ma sono stati colpiti anche innocenti.
La verità è che Obama non ha potuto e non potrà fare altrimenti ogni volta che sarà costretto ad usare la forza nei confronti di un esercito enorme di terroristi. Si parla, infatti, di un bacino di circa trecentomila uomini sparsi in vari Paesi e disposti a tutto, a farsi saltare in aria e a usare bambini, donne e vecchi come scudi umani. La politica della distensione vale con i Paesi anche retti da dittature, ma non con i terroristi, i quali non ragionano se non in termini di terrore e di sangue. Con costoro non reagire significherebbe dar loro opportunità in più per fare del male. È un anno, ormai, che dagli schermi delle tv o dai tavoli delle conferenze internazionali i messaggi di Obama si ripetono: dialogo, non imposizione. Quest’anno sembra sia servito ai terroristi solo per riorganizzarsi e per colpire di più, dunque non c’entra il Nobel per la Pace, l’interlocutore che il presidente americano ha di fronte è di quelli che la pace non la vogliono. Perciò fa bene a reagire. Si guardi al sangue che il regime iraniano sta facendo scorrere per le vie di Teheran e in altre città del Paese e agli obiettivi che si prefigge: costruire armi atomiche per distruggere Israele. Se l’attuale regime annienterà l’opposizione e costruirà le bombe atomiche, cosa dovrebbe fare un Premio Nobel? Lasciar massacrare milioni di persone?
Chi governa ha anche la responsabilità di salvaguardare la vita dei cittadini e la convivenza civile e democratica e non c’è Premio Nobel che possa e debba impedirglielo.
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