Pittore di punta dell’avanguardia del dopoguerra, Rolf Iseli è ancora oggi uno dei protagonisti più interessanti della scena artistica svizzera. Il Kunstmuseum di Berna ha riunito in una grande mostra le opere più significative di 50 anni di carriera.
Non è la prima volta che Rolf Iseli (1934) trova spazio nelle sale del Kunstmuseum di Berna, ma sia nel 2003 («Peter Stein, Rolf Iseli, Alois Lichtsteiner») che nel 2006 («Sam Francis und Bern») era presente in esposizioni collettive. Quella attuale è invece interamente dedicata al suo lavoro. Sebbene raccolga opere realizzate nell’arco di cinque decenni, come ci spiega lo stesso Iseli, non sarebbe corretto definirla retrospettiva. «In questa esposizione sono presentati forse il 6-7% dei miei lavori. E questa è una delle ragioni per cui si è preferito non parlare di retrospettiva, ma intitolare la mostra “Gli strati del tempo”». «Nel nostro museo manca comunque lo spazio per poter raccogliere tutta l’opera di Rolf Iseli», aggiunge il curatore Simon Oberholzer. «Abbiamo così volutamente evitato una rassegna cronologica e optato per l’individuazione di 5-6 tematiche fondamentali che permettano di comprendere al meglio il percorso di questo artista».
Il primo periodo: la pittura gestuale astratta e il tachisme
Suddivisa in sette sale, di cui quella intitolata «Paesaggio e figura» con un carattere introduttivo, la mostra si apre con la presentazione di alcune opere giovanili. Tra queste spicca la famosa e tanto discussa tela con la quale Rolf lseli ottenne la borsa d’arte della Confederazione nel 1957. Creata non con il pennello, ma direttamente a partire dal tubo del colore a olio, questa tela in bianco e nero provocò un vero scandalo nel mondo dell’arte elvetica, ma contribuì a far spiccare il volo al ventitreenne artista bernese che venne considerato, da un giorno all’altro, un precursore dell’Action Painting in Svizzera. Fanno da corona a quest’opera i coloratissimi dipinti realizzati negli stessi anni – tra cui Orange e Rot monochrom – in cui l’artista dà prova di una grande e rigorosa sensibilità cromatica e grazie ai quali è stato anche definito «il più radicale dei tachisti».
Lo spazio-immagine
Come mettono in evidenza le pitture a olio della seconda sala – raccolte intorno al tema «l’esperienza dello spazio-colore» -, ad un primo periodo radicale succede una fase informale più contenuta. Le tele diventano più grandi, più chiare e più monocrome e in questi enormi spazi colorati sembra regnare una mobilità assoluta. L’artista stesso vede queste sue opere come la scoperta e la messa in forma progressiva di uno spazio-immagine astratto, definito dalle diverse superfici del colore. Accanto a questi lavori compaiono anche due opere del 2005, “Hommage an den verbrannten Nussbaum” e “Stachelfeld”, che sebbene siano state realizzate con materiali totalmente differenti, sono caratterizzate da un genere di esperienza spaziale molto simile a quella dei lavori a olio degli anni 60.
Un cambio radicale
Comunque l’opera di Iseli non è rimasta a lungo legata al vocabolario della pittura astratta. «La pittura a olio richiede una tecnica speciale e per un certo periodo questa maniera di lavorare mi è andata bene», ci spiega l’artista. «Ma a metà degli anni 60 ho messo in discussione questo metodo e ho smesso di dipingere tele a olio. Dopo ho scelto di lavorare solo su carta». Questa sorta di crisi segna un punto di svolta nella carriera di Iseli, che inizia a sperimentare materiali e tecniche differenti oltre che a riprendere la litografia appresa a Berna nei primi anni 50. Attorno al tema «Terra vergine e materiale» sono raccolte non solo le sculture e gli oggetti in ferro realizzati nei primi anni 70 – tra cui le famose “Eisenzüpfen” o lo “Stockhorn”, ma anche quadri come Naumän (1976) o Grosser Vierteiler (1989) dove elementi come latta, chiodi si fondono alla tecnica dell’acquarello e del carboncino.
L’incontro con la terra
Ma la vera trasformazione artistica di Iseli potremmo dire che sia avvenuta casualmente nel 1971, quando fu convinto da un amico a piantare un vigneto nella sua proprietà a St. Romain, in Borgogna. «Ricordo che in quell’occasione vissi un conflitto», rievoca l’artista. «Da un lato c’era da lavorare la terra per piantare la vigna e dall’altro dovevo realizzare dei quadri per un’esposizione. Così ho sistemato della carta su un ripiano vicino al vigneto e ho cominciato a disegnare con la colla spargendovi sopra la terra che stavo lavorando.» Questo condizionamento reciproco tra vita e arte segna l’inizio della cosiddetta “pittura materiale” nella quale terra, arbusti, piume, spine o fili di ferro si trasformano in elementi artistici e insieme a disegno, collage e stampa modellano le figure stilizzate dalle sembianze preistoriche – umane e animali – che diventano dominanti nei suoi lavori.
Dal materiale all’immateriale
Il processo creativo cominciato nel 1971 subisce un’ulteriore svolta agli inizi degli anni 80, quando Iseli comincia a dipingere grandi paesaggi in cui la presenza del materiale si fa sempre più dissolta. Rinunciando ai contrasti di colori, le sue ultime opere acquistano un aspetto fluttuante e quasi trasparente e i toni grigi dello spazio-paesaggio sembrano voler simbolizzare sia l’alienazione moderna della natura che il malessere umano. «Per Rolf Iseli, l’esplorazione privata della realtà è plasmata da due aspetti continuamente in relazione: l’esistenza umana di fronte o nella natura», precisa Simon Oberholzer. Questa è la doppia tematica presente nella sua arte ma nei suoi dipinti come nei lavori grafici l’antitesi uomo-natura si annulla modellandosi in una sintesi».