Gli immigrati vanno rispettati e la violenza “non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà”, tanto meno “in nome di Dio”.
All’Angelus Benedetto XVI parla di “due fatti” che “hanno attirato in modo particolare” la sua attenzione negli ultimi giorni, e si capisce subito che parla della guerriglia di Rosarno e dell’Egitto. I suoi appelli rinforzano ulteriormente le denunce anticipate dal segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, contro le “gravi condizioni di lavoro a cui sono sottoposti gli immigrati”, immediatamente recepite anche dai vescovi italiani che dal quotidiano Avvenire puntano il dito da giorni sul fuoco che da tempo covava sotto la cenere nella provincia di Reggio Calabria.
I “due fatti” che preoccupano Benedetto XVI sono – si spiega – “il caso della condizione dei migranti, che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza, e le situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti”.
E i due appelli che ne fa derivare, pronunciati a sorpresa dopo la preghiera domenicale in piazza San Pietro, sono in realtà uno solo: “Ripartire dal significato della persona”, e imparare a rispettare chi è diverso, non importa se per provenienza o religione. “Bisogna ripartire dal cuore del problema – ha esclamato il Papa dopo l’Angelus a piazza San Pietro – bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato – ha affermato con forza – è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita”.
“La violenza – ha detto ancora – non deve essere mai, per nessuno, la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano. Invito – ha concluso – a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me”.
“Simili considerazioni” ha sottolineato papa Ratzinger, valgono anche per “l’uomo nella sua diversità religiosa”. “La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi – ha detto il Papa – ha suscitato lo sdegno di molti, anche perché si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana”.
Il pontefice chiama in causa “le istituzioni sia politiche, sia religiose”, affinché “non vengano meno, lo ribadisco – ha insistito – alle proprie responsabilità”.
In una domenica di pioggia, la giornata del Papa era iniziata con un evento felice, il battesimo di 14 bambini nella Cappella Sistina, una cerimonia quasi familiare che accompagna ogni anno la celebrazione della ricorrenza del Battesimo del Signore. Nel suo discorso, il Papa aveva richiamato a gesti di “umiltà”, rievocando l’immagine di Gesù al Giordano “in fila come tutti” ad aspettare il suo turno per ricevere il battesimo. Allora, come oggi, c’era un popolo “desideroso di un mondo diverso e di parole nuove”, ma per costruirlo occorre rinunciare “all’egoismo e al peccato” e uscire grazie alla fede dalle “tenebre del dubbio”.
Il tema torna, da un’altra visuale, all’Angelus: una “umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza” può nascere solo da un “modello di società” come quello suggerito dal battesimo, che ci rende tutti fratelli. Una fraternità – ha detto il Papa – che “non si può stabilire mediante una ideologia, tanto meno per decreto di un qualsiasi potere costituito”. Ma, di nuovo – ha concluso – dalla consapevolezza di essere tutti “figli” di Dio padre e nella madre Chiesa.
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