Intervista a Salvatore Domolo, ex sacerdote della diocesi di Novara, nominato sacerdote a 25 anni, oggi sbattezzato. Nel 2005 si autosospende, nel 2009 si sbattezza, è l’autore del libro “In nomine Patris”, dove racconta l’esperienza di un sopravvissuto alla pedofilia
Ricordiamo un attimo la vicenda dello sbattezzo…
Si è trattato di un lungo percorso, attraverso una grande esperienza di interiorizzazione delle vicende vissute. Lì, nel 2009, dopo questo percorso di rifiuto e di liberazione della mia coscienza, ho percepito che era necessario arrivare a un culmine, cioè liberarmi da tutti i vincoli della religione, e a quel punto è chiaro che il battesimo non ha nessun significato.
In una società come quella in cui viviamo, il mio sbattezzo aveva innanzitutto un significato politico, perché qui, se un ex prete si sbattezza significa che c’è qualcosa che non funziona, ma soprattutto un significato personale: il prete che mi aveva battezzato è quello che poi ha abusato di me per quattro anni. Questo diventava un rifiuto totale di tutte le esperienze vissute, della sofferenza vissuta. Con questo volevo urlare il “no” della mia coscienza, ormai libera da quelle ritualità, da quelle imposizioni morali che vengono messe in atto dalle religioni, non solo dal cristianesimo o dalla chiesa cattolica. Era proprio un sigillare un’uscita completa dalle esperienze religiose.
Dopo lo sbattezzo, quali sono le difficoltà che hai incontrato?
La più grossa difficoltà che ho vissuto in questi anni, da quando ho lasciato il sacerdozio, è quella del reinserimento all’interno di uno schema di vita che è completamente diverso da quello dei religiosi o dei sacerdoti. Uno stile di vita dove un lavoro ha un significato perché è il modo per mantenerti, e soprattutto la difficoltà di entrare in uno schema di sottomissione. Perché noi viviamo in una società di sottomessi, questo per me è chiarissimo. Mi rendo conto che, fondamentalmente, come persone siamo “anestetizzate”, siamo sotto ipnosi. Quindi la difficoltà è quella di entrare in uno schema sociale dove per riuscire a sopravvivere devi adattarti a qualsiasi tipo di lavoro: lo schema sociale e lo schema ecclesiastico da questo punto di vista sono simili. Inoltre, nell’aspetto sociale, una delle spinte maggiori è costruirsi una carriera, e lo è anche nello schema religioso, le due cose vanno di pari passo.
La mia difficoltà è stata quella di trovare delle soluzioni per la sopravvivenza, cioè riuscire a mantenermi dal punto di vista economico attraverso qualsiasi esperienza di lavoro, per cui ho fatto tante esperienze di lavoro, con infinite difficoltà, non perché non sapessi lavorare, ma perché sappiamo tutti quali sono le difficoltà sul posto di lavoro, le difficoltà di inserimento, di comunicazione etc.
Stai ideando un progetto molto interessante, illustraci di cosa si tratta…
Parte logicamente dal mio percorso di vita. Questi ultimi vent’anni sono stati estremamente importanti, in quanto mi hanno permesso di liberare la coscienza. Il percorso fatto mi ha permesso di capire che dobbiamo essere consapevoli di questo: tutti, credo, ci lamentiamo della situazione mondiale, di quella politica, delle questioni religiose, ecc. Ciò che ho capito è che in tutto questo c’è una responsabilità personale: questo significa che posso cambiare il mondo solo cambiando me stesso. Negli ultimi vent’anni sento di averlo fatto proprio attraverso tutta una serie di liberazioni interiori, e sono arrivato ad avere questa consapevolezza: siamo sopravviventi, cioè sopravviviamo tutti, ma non siamo qui per vivere.
Diciamo che la sopravvivenza è l’aspetto dell’ego della parte più bassa di noi: respiriamo, trasciniamo una giornata per riuscire a ottenere i fondi che ci permettono di sopravvivere, ma non siamo felici. Invece la parte che ci manca è quella che nasce dall’interno, dalla coscienza viva, è quella della vita: permettere nuovamente al sé di potersi esprimere. E così, il desiderio nato da queste mie riflessioni è stato quello di aiutare me stesso e gli altri inventando questo progetto che ho chiamato “Camper per la vita”.
La mia idea è girare con un camper, un punto di riferimento di per sé molto semplice, molto minimalista, per riuscire innanzitutto ad avere il tempo per coltivare la mia coscienza, scrivendo, leggendo, lavorando creativamente, e nello stesso momento lanciare alle persone che incontro un semplicissimo messaggio: vi invito a ringraziare la vita.
Il primo aspetto, prima ancora di scendere dal letto, la prima cosa da fare quando ci si sveglia è dire grazie. Perché se stiamo attenti, ci accorgiamo che tutto quello che riceviamo in una giornata è gratuito. L’ossigeno è gratuito, in origine l’acqua è gratuita – anche se poi ci viene fatta pagare – ma a livello universale questi aspetti sono gratuiti.
In tutto questo sarà coinvolta anche Radio L’Ora Italiana. Cosa potremmo fare?
Innanzitutto due cose: la prima potrebbe essere la realizzazione di interviste per rendere partecipi i radioascoltatori di ciò che avverrà durante quest’esperienza, perché capiteranno miracoli in questo senso. La seconda cosa, invece, è che ho bisogno di un grandissimo aiuto: devo trovare un camper.
Quindi cerchiamo un camper in ottime condizioni…
Sì, un camper per aiutare a far crescere la vita, perché ripeto, se ci fermiamo un attimo ci accorgiamo che siamo tutti sopravviventi, non siamo più vivi. Certo, tra i radioascoltatori e i lettori ci sono persone vive ma voglio dire che La società in cui viviamo è fatta di persone che sopravvivono, ma non sono felici, non hanno l’energia interiore che permetta loro di affrontare il cammino piacevole della vita. Dove c’è scritto che si deve essere felici, non per essere tristi neppure per essere dominati,
Leo Caruso
di Radio Lora Italiana
Potete contattare
Salvatore Domolo tramite [email protected] oppure su Facebook