Sullo sfondo restano il mare, che guarda l’Italia, e le polemiche. Ma domenica 17 gennaio, sulla tomba di Bettino Craxi, nel piccolo cimitero cristiano di Hammamet, è sembrato di tornare indietro ai tempi della prima Repubblica se non fosse che in prima fila, accanto ai familiari, non c’erano i simboli di allora, Gianni De Michelis e Rino Formica, nascosti tra la folla, ma i ministri Franco Frattini, Maurizio Sacconi e Renato Brunetta, ai tempi poco più che dirigenti socialisti.
Militanti in lacrime, reduci di Mani pulite, con lo sguardo di chi è sopravvissuto alla bufera giudiziaria, socialisti senza più una casa comune, in centinaia, hanno commemorato, a dieci anni dalla morte, il loro leader, rompendo il silenzio con qualche applauso.
Bettino Craxi resterà ad Hammamet, il luogo che lui aveva scelto per stare “in esilio”, convinto di essere come il suo eroe Garibaldi a Caprera. Per i familiari la tomba con la scritta “La libertà equivale alla mia vita” è un “monito” per chi, soprattutto a sinistra e nel Pd, deve fare i conti con il passato e con liquidazioni troppo frettolose.
Ma per i tantissimi, centinaia, socialisti arrivati da tutta Italia, il sepolcro è diventato ormai un simulacro, sul quale portare garofani e bandiere del Psi, spazzato via da Tangentopoli e da guerre fratricide. E soprattutto l’occasione per rivivere un passato di politica e allori. Sepolto con il leader.
“Bettino, Bettino, sei il vero socialista”, è il primo grido che rompe il silenzio di una commemorazione, così voluta dalla famiglia. I tre ministri tunisini e quelli italiani, arrivati a titolo privato e non a nome del governo “per evitare polemiche”, come spiega Stefania Craxi, si uniscono all’applauso.
Alla vedova Anna Craxi, sempre in disparte anche nel giorno del suo dolore, i militanti aprono un piccolo varco tra telecamere e militanti per avvicinarsi al marito. L’assessore di Reggio Calabria, Caldeloro Imbalsato, non si tiene e urla: “C’è tutta l’Italia in onore di Bettino, tutta l’Italia”, chiamando un altro applauso. Il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto, al fianco di Paolo Pillitteri, annuisce, i ministri tunisini non capiscono l’italiano ma sono fieri di aver adottato il leader socialista, come volle il presidente Ben Alì che ha mandato, come ogni anno, un cuscino di rose rosse e bianche.
La prima a sfilare via è la vedova, al fianco dell’imprenditore tv Tarak Ben Ammar. Sorride e ammette di essere contenta “ma un po’ sfiancata dopo queste giornate”. Sabato sera, 16 gennaio, ha ospitato a cena il ministro Franco Frattini, la sera prima Renato Brunetta e Maurizio Sacconi: da tempo non aveva così tanti ospiti illustri a farle visita.
“Essere qui è un dovere morale, un gesto di ribellione contro certa giustizia ingiusta che ha privato Craxi della libertà che era la sua vita”, dirà, dopo la cerimonia il ministro degli Esteri, giovane collaboratore dell’ufficio legislativo ai tempi del governo socialista.
Fuori dal cimitero, dopo la cerimonia, restano gli ex, con la faccia di chi adesso non sa bene dove andare.
Gianni De Michelis va a bere un caffè “riconciliatore” con Bobo Craxi nella speranza di rimettere insieme i cocci socialisti dopo l’ultima rottura. Stefania già si prepara all’evento di martedì 19: la commemorazione al Senato con il premier Silvio Berlusconi.
“I fedelissimi di mio padre non stanno nel centrodestra? Hanno anche una certa età. L’elettorato socialista sta nel centrodestra. Craxi e Berlusconi sono molti diversi ma i nemici di Berlusconi sono gli stessi di mio padre”, aveva risposto ai giornalisti in una breve conferenza stampa davanti alla tomba.
“Berlusconi non mi sembra meno vecchio”, ribatte a distanza il fratello a riprova che non sono bastati dieci anni per unire, anche in famiglia, l’eredità politica di Craxi.
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