Secondo una ricerca australiana l’uomo sta danneggiando il 63% dei siti naturali patrimonio dell’umanità
La denuncia arriva da uno studio pubblicato su Biological Conservation e condotto da un team di ricercatori dell’Università del Queensland, di Wildlife Conservation Society (Wcs), dell’Università del Northern British Columbia e dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn): oltre 100 siti naturali patrimonio dell’umanità Unesco negli ultimi 20 anni sono stati gravemente danneggiati da attività umane.
Tra i siti più importanti “rovinati” dalle attività umane si annoverano gioielli quali quello americano di Yellowstone, il più antico e tra i più grandi ecosistemi della zona temperata rimasto al mondo, che ha perso il 6% delle sue foreste negli ultimi due decenni, mentre il Waterton Glacier International, Parco della pace tra Canada e Usa, ha già perso quasi un quarto della sua superficie forestale.
A rischio anche il Manas Wildlife Sanctuary, in India, dove vivono molti animali a rischio di estinzione, come il rinoceronte e l’elefante indiano, il Chitwan National Park in Nepal e il Parco Nazionale di Komodo in Indonesia, che ospita circa oltre 5mila esemplari di draghi di Komodo che non esistono in nessun’altra parte del mondo.
La riserva della biosfera del Rio Platano in Honduras, ha invece perso 365 chilometri quadrati (l’8,5%) di foresta dal 2000 ad oggi. Come si vede, l’Asia spicca fra i continenti più colpiti mentre l’Europa, una volta tanto, si distingue in positivo per essere la meno colpita dal fenomeno. In generale, comunque, fra i siti naturali che hanno delle foreste al loro interno, il 91%di quelli analizzati dallo studio ha in qualche modo subito perdite dal 2000 ad oggi.
Per arrivare a questa conclusione sono stati utilizzati i criteri riferiti alla cosiddetta ‘impronta umana’, ovvero fattori come agricoltura, aree verdi, urbanizzazione, deforestazione, costruzione di strade e infrastrutture industriali. “Un sito naturale patrimonio mondiale dell’Unesco dovrebbe essere mantenuto e protetto completamente. Perdere il 10 o il 20% della propria superficie boschiva in due decenni è qualcosa di estremamente allarmante, che deve essere affrontato”, ha spiegato l’autore della ricerca, James Allan. Uno scenario allarmante, per questo i ricercatori lanciano un appello: “Adesso è arrivato il momento per la comunità globale di alzarsi e premere sui governi affinché si assumano responsabilità per la conservazione di questi siti. Bisogna fare sul serio”.
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foto: Ansa