Caro Gianni, personalmente ho fatto il cammino inverso dei miei nonni. Ho lasciato il Belgio all’età di 21 anni per farmi una vita in Calabria, terra d’i nascita di papà. Oltre alle problematiche della sanità, oltre alle problematiche di lavoro e d’insegnamento, mi sono ritrovata a combattere contro un popolo che non ha voglia di cambiare, che si accontenta di andare avanti privando i propri figli di un futuro migliore. Sono stanca di sentirmi dire che le cose cambieranno. A 38 anni torno in Belgio con i miei pargoletti che sono in grado, al 1° anno di scuola, di parlare 3 lingue, di vedere un mamma realizzata perché in grado di assumersi responsabilità di lavoro non solo dignitoso ma dove ho anche possibilità di carriera. Non ho più paura di non farcela perché il Belgio (Paese mio di nascita) mi popone una serie di soluzioni che l’Italia nega ai suoi cittadini. Sono arrabbiata, delusa e non credo più nella politica che fa tante promesse ma, a mio modesto avviso, è costretta a seguire il “vento”, a seguire una linea guida già impostata, a scendere a squallidi compromessi per fare un passo avanti! Ecco questo è quello che penso e credimi, quello che pensano i 40 membri della mia famiglia, i tantissimi amici che ho! Siamo delusi e non basta più il semplice discorso di piazza perché la generazione dei nostro nonni, quella anche dei miei genitori era “ignorante”, c’era pochissima cultura e istruzione. La mia generazione è colta, vispa e intelligente. In grado di spostare muri perché sa e non dimentica da dove viene. Scusami per lo sfogo ma è doveroso che capiate che anche noi vorremmo ma non ci crediamo. Un saluto
Letizia Festa
Leggo la lettera mentre il Freccia Rossa attraversa l’appennino.
Pochi minuti or sono eravamo a Bologna.
Il tempo della lettura e di un buon caffè e già intravedo Firenze immersa nell’ accenno di bruma dell’alba.
La scienza ha avvicinato gli uomini, le città, i villaggi di questa nostra Italia. Bologna e Firenze: un percorso da navetta.
Così è, oggi, il segno della modernità trasmesso dal genio dell’uomo.
Penso a Letizia, nata nella terra in cui il babbo respirò l’aria infestata dal nero carbone estratto nel profondo di un tunnel mille metri sotto le casupole dai rossi mattoni in cui ella passò i suoi primi anni di vita.
E penso al nonno, giunto, forse, in Vallonia nei primi anni cinquanta assieme a Concetta, l’adorata compagna di tutta una vita. Li vedo partire, che so, da Locri o Cosenza, su quei treni impregnati dall’acre odore di pecorino e salsiccia pepata.
Terza classe, naturalmente, le panche in legno della penultima carrozza oltre la quale sentivi il nitrito degli animali anche loro in viaggio, chissà?, sino alla prossima meta.
Cavalli otto, uomini quaranta. Così era il mondo in viaggio nell’Italia uscita umiliata e distrutta dalla guerra.
Vedo i loro volti scavati di giovani già vecchi a cui la vita ha riservato, se va bene, un lungo calvario di immani fatiche.
Li scorgo, smarriti, alle frontiere delle nazioni attraversate nell’ interminabile viaggio della diaspora italiana verso un mondo sconosciuto e, talvolta, ingrato.
Quassù giunsero i nonni con il pargolo, forse suo padre
Il babbo, chissà?, udì le urla disperate delle vedove in attesa di accogliere, in un ultimo abbraccio, i corpi inanimati dei loro mariti annientati dal malvagio grisù. Marcinelle: e niente fu più come prima.
Letizia, la giovanetta, ha udito I racconti tra I banchi di scuola ove ha appreso il sapere che riscatta la vita dei nonni.
La sirena le sussurra all’orecchio la favola antica in cui si narra della vetta del Montenero da cui puoi scorgere il limpido azzurro dei due mari.
Una sirena, appunto. La perfida che indusse Ulisse nel dubbio: tornare o no a Itaca, la terra natia.
Scaccia, Letizia, ti prego, il cattivo pensiero.
Sei andata alla ricerca delle tue radici. Hai trovato un popolo fiero a cui la sorte, (e la malvagia politica macchiata dal potere occulto del crimine) ha tolto ogni e qualsiasi anelito al cambiamento.
Ma è una terra ricca di un patrimonio umano in cui puoi trovare l’albero dei giusti che lottano per il cambiamento e il rinnovamento della nostra patria.
Cara letizia, non sei forse tu, orgogliosa del tuo essere, la testimonianza più vera che nulla è perduto ? Io lo penso, per oggi e per gli anni a venire. Perchè vi saranno sempre persone come te disposte, nonostante tutto, a vivere nel mondo per realizzare i loro sogni.
Buona fortuna, Letizia. A te, ai tuoi cari, ai nostri cittadini nella terra dei fiamminghi e dei valloni.