A parte qualche nota positiva come la relazione del Segretario Generale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), Michele Schiavone, e gli interventi di un paio di consiglieri, tutto rimane fermo come l’acqua di un vecchio stagno che si sta prosciugando sotto gli occhi di milioni d’Italiani all’estero. Il CGIE si è riunito a Roma da 29 al 31 marzo scorso, per discutere di importanti cambiamenti e modifiche basilari mirati ad un’auspicabile e quanto mai attesa dei Comitati degli Italiani all’Estero (Com.It.Es.) e del CGIE stesso.
Molti di noi si aspettavano delle proposte serie finalizzate a dei cambiamenti sostanziali per quanto riguarda i Com.It.Es. e, soprattutto, il CGIE. Niente da fare! Come da manuale, la “vacanza romana” per i 64 Consiglieri si è svolta senza sorprese o quasi. Solo un bla bla bla quotidiano sentito e letto da trent’anni a questa parte, sia pure con termini diversi, degli affabulatori di professione che tanto dicono e poco concludono.
Concordo pienamente con l’esordio del discorso d’apertura di Schiavone quando afferma: “La questione pregiudiziale è: l’Italia ritiene ancora importante il suo rapporto con gli italiani all’estero? Considera Com.It.Es e CGIE promotori del Sistema Italia all’estero?”. Ma è veramente quello che si vuole? Già! Perché proprio di questo si tratta: i governi italiani da qualsiasi parte politica essi provengano, vogliono riconoscere gli italiani all’estero come figli della Patria ed il loro importante ruolo nella promozione dell’Italia? Vogliono gli stessi governi riconoscersi un minimo di colpa per non aver impedito le ondate di emigrazioni italiane degli ultimi anni senza considerare le precedenti? Ed ecco che, partendo da queste domande, chi si aspettava un cambiamento di rotta a 360 gradi, come il sottoscritto e molti altri auspicavano, in occasione della Plenaria del CGIE, si è sbagliato su tutta la linea, purtroppo!
La mancata modifica della legge che regolamenta i Com.It.Es., ha favorito il palese distacco da parte degli iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE), rispetto a questo organo, tra l’altro l’unico eletto direttamente dai cittadini italiani residenti all’estero. Nell’ultima consultazione del 2015, la partecipazione per il rinnovo dei Com.It.Es. è stata di appena un misero 4% mondiale. Malgrado ciò, ancora si persiste a mantenere uno status quo di rappresentanze che, stante una così bassa partecipazione al voto, non contano e non valgono niente agli occhi dei cittadini e delle istituzioni locali, né si può ragionevolmente sostenere che possano realmente essere rappresentativi per l’elettorato. A tutto questo si aggiunge una persistente e costante diminuzione dei fondi dedicati a quest’organo che non fanno che peggiorare la situazione e rendere ancor meno operativi sul campo questi comitati. Attualmente la legge sull’elezione dei Com.It.Es. prevede che l’italiano all’estero che vuole partecipare all’elezione dei membri dei Com.It.Es. deve iscriversi al Consolato di circoscrizione per ricevere il plico elettorale. Questa procedura non è la stessa prevista per le elezioni politiche e per i referendum, che prevede, invece, che le cartelle elettorali arrivino direttamente a tutti gli iscritti all’AIRE al proprio domicilio. Questa “discriminazione” diminuisce drasticamente il numero dei votanti alle elezioni dei Com.It.Es. perché la procedura rende più complicato votare.
Si apprende inoltre, che il rappresentante di questo Governo, Vincenzo Amendola, Sottosegretario agli Esteri, si aspettava una proposta di un progetto di riforma specifica di questi importanti organi di rappresentanza delle comunità italiane all’estero. “Dopo un anno di un duro lavoro” – spiega Schiavone – “non vi è ancora modo di capire chi fa cosa” e “se non si cambia strada verso le nostre comunità all’estero ed i loro rappresentanti, altri decideranno il futuro del CGIE”. Sicuramente un percorso di dialogo c’è stato ma il presupposto di qualsiasi intervento è assicurare i fondi.
Infine va segnalata la componente del tutto insufficiente di molti dei parlamentari eletti all’estero, assenti ai lavori della Plenaria. Forse fuggiaschi per qualche altro impegno istituzionale più importante di questo? Non ci è dato saperlo. Quel che si sa è che i parlamentari eletti all’estero dovrebbero lavorare di pari passo con il CGIE per essere la voce in parlamento degli italiani all’estero. Di fatto, questa loro massiccia presenza si è vista poco, tranne qualcuno che ha presenziato solo per rivendicare la paternità di cose già risapute. Tuttavia, alcuni consiglieri, quali Paolo Brullo, Paolo Da Costa e Luigi Billè hanno cercato di distinguersi aprendo una discussione seria su queste tematiche, la loro voce, però, è stata subito spenta per proseguire in una direzione che già era indicata e che purtroppo conosciamo.
Come volevasi dimostrare, anche in questa plenaria del CGIE si è persa l’occasione di poter evitare l’imminente auto-distruzione dello stesso, stante la totale mancanza di volontà ed inefficienza nel difendere i diritti basilari degli italiani all’estero.
Con questo si vuol ricordare il ruolo importante degli italiani all’estero che tanto partecipano all’economia ed alla cultura del Bel Paese, con l’incremento del turismo, il pagamento le imposte sugli immobili in territorio italiano e poco sfruttati, l’aumento dell’esportazione dei prodotti italiani, la promozione culturale, la difesa della lingua italiana e delle nostre tradizioni.
Tutto questo viene deliberatamente ignorato o, ben che vada, trascurato. La rabbia nel constatare nel tempo di essere dimenticati e non valorizzati non fa che allontanare gli italiani all’estero da queste istituzioni miopi ai nostri reali problemi.
Ritornando alla domanda iniziale a tutti, CGIE, Parlamentari eletti all’estero e i vari governi di turno: vogliono, essi, ancora considerare e riconoscere veramente e fattivamente le esigenze e le problematiche degli Italiani all’estero?
Carmelo Vaccaro