Xavier amava la musica, il cinema, la campagna ove vivere in pace il tempo libero tra una missione e l’altra di addetto alla protezione civile dei suoi cittadini.
Xavier era un poliziotto umile e tenero: con il prossimo e nel rapporto con il compagno di vita. Era un Gay, uno dei tanti che popolano la ville lumiere (Parigi) dopo il “mariage pour tous” voluto dal presidente Hollande.
L’ha ricordato Cardiles, il suo compagno, nella maestosa commemorazione in prefettura a Parigi. Ha scandito quel “ non avrete il mio odio” verso i terroristi assassini con la dolcezza di chi sa di far parte della cittadinanza ricca di un senso comune nato dalla rivoluzione che immaginò lo stato moderno dei liberi e uguali.
Il senso comune, dunque.
IL valore dei patrioti del risorgimento, Giuseppe Mazzini, fra tutti, e dei resistenti antifascisti che riscattarono il tricolore dalla vergogna totalitaria il 25 aprile del 45.
Oggi, come allora, si tratta di resistere: alla violenza, all’odio etnico e raziale, al fanatismo che si appropria di un messaggio superiore per compiere i più efferati delitti e crimini contro l’umanità.
La comunità italiana ha celebrato, come sempre, la ricorrenza del 25 aprile.
Talvolta non con la solennità per l’evento che cambiò in profondità il senso della nostra storia. Un compitino cui assolvere per non essere tacciati di ignavia. E nulla più.
Come se la polvere del tempo avesse sepolto il ricordo di una lotta che riconciliò il popolo alla democrazia, assaporata, almeno in parte, nei primi venti anni del novecento. Nulla fu più come prima, da quella primavera: la scelta repubblicana, il voto universale, con l’ingresso protagonista delle masse femminili nella vita politica italiana, la costituzione democratica fondata sul lavoro.
Talvolta, mi viene il dubbio che quei valori possano apparire astratti. Lontani dalle preoccupazioni e dalle miserie di un popolo che ha perso fiducia e certezze.
Ricordo tempi migliori. Un po’ lontani e tuttavia presenti nella mia memoria.
Il venticinque aprile del 1976, unitamente alle maestranze addette alla ricostruzione di un tunnel di cui portavo la responsabilità di direzione, si celebrò la Resistenza con un pranzo alla mensa del cantiere allietato dal canto di “bella ciao” e da inni inneggianti alla ritrovata libertà.
Il direttore generale dell’impresa, l’ingegnere Martin Gorke, inatteso convenuto della giornata, assistette, con un misto di stupore e compiacimento, all’evento. Ascoltò, impassibile, il mio intervento.
Ne chiese spiegazione.
Mi fu difficile. E penso tuttora a quali riflessioni lui arrivò, ascoltando “bella ciao” con il sorriso misto ad un apparente compiacimento
Era un uomo di straordinaria umanità. Un tedesco nato nel 1928. Un membro, malgrado lui, dell’improvvisata brigata portata al macello nella battaglia finale di Berlino contro l’armata rossa.. Fatto prigioniero, passò alcuni anni della sua gioventù in un campo di prigionia in Lettonia, per poi ritrovare, avventurosamente, la libertà. Ricordo Bartolomeo Giuliano, preside della scuola media Enrico Fermi alla Casa d’Italia di Zurigo. Nome di combattimento: Bastian.
Comandante della resistenza. Protagonista della lotta partigiana a Boves nel Cuneense.
Ferito e decorato in combattimento.
Dedicava qualche minuto del suo insegnamento quotidiano alla storia della Resistenza.
Qualche minuto o, forse, un’ora. Tanto che la figlia Elisa del poeta e dirigente sindacale, Leo Zanier, sua alunna, accolta dal babbo all’uscita antimeridiana da scuola, sbuffò spesso in un “anche oggi una sfaticata di Resistenza”.
Non vi dico le nostre risate. Le mie e del babbo Leo.
Eppure, quell’insegnamento, caro Giuliano, che mi ascolti dall’immensità dei giusti e liberi, fu una straordinaria lezione di vita.
La ragazza crebbe brava, impegnata, ricca di una cultura universale fondata sulla solidarietà internazionalista.
Se la memoria non vacilla, Elisa è, oggi, una straordinaria protagonista nel campo della medicina. E fa onore a lei, alla storia della sua famiglia.
Avvicinare i giovani alle celebrazioni della Resistenza nel solco del senso di appartenenza e dell’immortalità del suo messaggio.
Perché la ricorrenza non sia il ritrovo della nostalgia per chi, oramai in là negli anni, non abbia altro per cui vivere se non un glorioso ricordo di gioventù.
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