Si sono perse le tracce dell’ergastolano che terrorizzò Roma negli anni ’70
Non si hanno più sue tracce dallo scorso 30 giugno, quando Giuseppe Mastini, ergastolano noto come Johnny lo Zingaro, dopo aver lasciato il carcere di Fossano non si è presentato al lavoro a Cairo Montenotte, in provincia di Savona. L’uomo avrebbe dovuto presentarsi alla scuola di polizia penitenziaria dove era stato assegnato per un lavoro esterno, ma dalle 10.30 di lui si sono perse le tracce.
Johnny lo Zingaro stava scontando l’ergastolo per una serie di furti, rapine e un omicidio nel 1987. Il suo nome è legato anche all’inchiesta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Si tratta dell’ennesima fuga di Mastini, già scappato dal carcere diverse volte in passato. La prima dal carcere minorile di Casal del Marmo nel ‘76, poi dall’Aquila e ancora da Pianosa. Approfittando dello stato di semilibertà di cui godeva attualmente l’ergastolano, dopo aver lasciato il carcere di Fossano, non si è presentato al lavoro a Cairo Montenotte, in provincia di Savona, risultando così formalmente evaso.
Chi è l’ergastolano Giuseppe Mastini
Giuseppe Mastini, detto Johnny lo Zingaro, è un noto bandito italiano che terrorizzò la Capitale tra gli anni ’70 e ’80 con omicidi a sangue freddo, rapine, sparatorie da far west, inseguimenti rocamboleschi. Nato da una famiglia di giostrai sinti nel 1960, Johnny lo Zingaro, si trasferisce a Roma all’età di 10 anni. Nel 1974, appena 14enne è accusato del suo primo delitto, quello del tranviere Vincenzo Bigi, freddato per pochi soldi e un orologio dopo aver dato al ragazzo un passaggio in macchina. Mastini viene arrestato e portato nel carcere minorile di Casal del Marmo ma dopo poco tempo riesce a fuggire. Il giovane viene ripreso, ma riesce a fuggire nuovamente.
Dopo una serie di evasioni e catture, nel 1987 esce in permesso premio e non rientra più. Pochi giorni dopo però tenta una rapina nella villa dei coniugi Paolo e Veronique Buratti, a Sacrofano, uccide l’uomo a bruciapelo e ferisce gravemente la moglie. Poi ancora sequestri di persona, fughe, scontri a fuoco e un altro omicidio, questa volta alle spese dell’agente Michele Girardi. Per catturarlo è stata necessaria una caccia all’uomo tra Roma e provincia e sono stati mobilitati 700 poliziotti fino a quando Mastini capì che non aveva più scampo e decise di arrendersi.
Conosciuto come Johnny lo Zingaro
Mastini fu coinvolto anche nell’inchiesta per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Fu allora che comparve il nome di Johnny lo Zingaro. Mastini, che aveva conosciuto Pino Pelosi – unico condannato per la morte del poeta – nel carcere minorile di Casal del Marmo, è sospettato, secondo diverse piste investigative, di aver partecipato al delitto dello scrittore avvenuto all’Idroscalo di Ostia la notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975.
Il sospetto della sua partecipazione all’omicidio nasce per via di un plantare di scarpa numero 41 ritrovato nell’Alfa Romeo di Pasolini che non apparteneva né allo scrittore né a Pelosi e che invece Mastini usava abitualmente in seguito alle conseguenze di una sparatoria. Mastini negò sempre qualsiasi coinvolgimento al delitto.
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foto:Ansa
Che fine ha fatto Igor il russo
Si è smesso di dare la caccia al Igor il Russo, il killer che da tre mesi è ricercato dagli uomini delle forze armate e dagli uomini dei reparti speciali che erano impegnati nella caccia all’uomo che è iniziata l’1 aprile scorso con l’omicidio del barista Davide Fabbri per una tentata rapina. Dopo sette giorni il 36enne di origine serba si è reso responsabile di un altro omicidio, quello di Valerio Verri, volontario della guardia ecologica ambientale che lo aveva incrociato – disarmato – a Portomaggiore, in una battuta anti-bracconaggio. Dopo tre mesi di estenuanti ricerche, Norbert Feher, vero nome di Igor il russo, è riuscito a scappare, con o senza complici, lasciando senza troppi problemi la zona dove migliaia di uomini e unità cinofile hanno provato a stanarlo. Adesso è iniziata la ‘fase 2′ delle ricerche con gli investigatori che proveranno con le ‘classiche’ indagini svolte dai reparti investigativi e non più dai reparti speciali dei carabinieri. Le zone interessate, quelle cioè dove si pensa possa celarsi il killer, restano controllate da gruppi di militari pronti ad agire in caso di bisogno, ossia se ci dovesse essere qualche avvistamento ritenuto credibile.