Rifiutato il ricorso straordinario presentato dall’imputato che resta in carcere
Aveva presentato ricorso straordinario alla Corte di Cassazione, Alberto Stasi condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007.
Nel ricorso, firmato da Stasi e dal difensore Angelo Giarda, si chiedeva la revoca della sentenza definitiva e di “rilevare l’errore di fatto”, ovvero, nell’appello bis non sono stati risentiti 19 tra testimoni, consulenti e periti, in assenza del quale “l’esito decisorio sarebbe stato differente”. Secondo il ricorso, tale errore avrebbe leso “il diritto ad un equo processo” sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Le testimonianze che non sono state riascoltate vanno dal Dna della vittima trovato sui pedali della bicicletta dell’imputato, all’impronta di Stasi sul dispenser del portasapone; dal risultato della perizia sulle tracce di sangue sul pavimento di casa Poggi fino al racconto di chi varcò per primo la soglia della villetta di via Pascoli.
I giudici della prima sezione della Suprema Corte hanno ritenuto inammissibile la richiesta in cui si chiedeva di rivedere la sentenza di condanna a causa di tale svista perché la sentenza definitiva si fonda sui nuovi dati probatori “acquisiti nel relativo giudizio, attraverso i quali i numerosi indizi già esistenti hanno finito per integrarsi, senza alcuna rivalutazione dell’attendibilità delle testimonianze già acquisite in fase di indagine o in primo grado”. Non ci sarebbe nessuna violazione nei confronti di Stasi, afferma l’accusa, perché i 19 testimoni chiesti dalla difesa non risultano determinanti per la sentenza che ha condannato in via definitiva Stasi; “Non è un caso – evidenziano i legali della famiglia, Poggi Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, commentando la decisione della Corte di Cassazione. – che nel ricorso non c’è nessun passaggio delle deposizioni rese da quei testi in quanto non esiste alcuna dichiarazione ‘decisiva’ resa nel corso delle indagini o in primo grado che sia stata rivalutata in senso opposto in appello” e da qui deriva “la radicale infondatezza della tesi impropriamente avanzata da Stasi e dal suo avvocato”.
“Il rigetto di quest’ulteriore ricorso conferma come la sentenza di condanna sia stata emessa all’esito di un giusto processo, grazie alla prove schiaccianti faticosamente acquisite dalla Corte di Assise di Appello di Milano. Anche nei momenti più difficili la famiglia Poggi ha sempre creduto nella giustizia, senza mai cercare giudizi sommari”.
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