A lanciare l’allarme uno studio delle Università della Georgia e della California
“Se si continua con gli attuali ritmi oltre 13 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica invaderanno l’ambiente entro il 2050”: è questa la conclusione della ‘prima analisi globale di massa di tutta la plastica prodotta’, uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances e condotto dalle università americane della Georgia e della California. Lo studio evidenzia come il nostro pianeta sia invaso da 8.3 miliardi di tonnellate di plastica, dei quali già 6.3 sono spazzatura. In effetti, come chiarisce lo studio, metà della plastica prodotta (400 milioni di tonnellate all’anno) diventa rifiuto dopo meno di 4 anni di uso, rappresentando il 10% della nostra spazzatura; residui sono stati trovati nella fossa delle Marianne e perfino incorporate in alcune rocce.
Da quando è iniziata ad esser prodotta (negli anni ’50) ad oggi, più di otto miliardi di tonnellate di rifiuti insolubili galleggiano negli oceani, formando arcipelaghi innaturali, o in discariche a cielo aperto. Per chiarire meglio la portata del problema e dei numeri basti pensare a 822 mila Torri Eiffel o a un miliardo di elefanti. Insomma, una massa inimmaginabile di plastica, una montagna che schiaccia il nostro pianeta. A preoccupare, inoltre, è anche l’aumento dei ritmi di produzione: circa metà della plastica in questione è stata prodotta negli ultimi 13 anni.
La realizzazione globale, inoltre, è aumentata dai 2 milioni di tonnellate del 1950 agli oltre 400 milioni del 2015. Un disastro ecologico a cui si è giunti dopo soli 70 anni. Una delle cause principali di tale crescita esponenziale è il mercato del packaging, che ha portato alla diffusione capillare di bottigliette d’acqua e di contenitori di vario tipo.
Le nostre case e le nostre città sono piene di plastica in ogni forma, basta guardarsi attorno: dagli oggetti interamente in plastica, a quelli in materiali plastificati, a quelli parzialmente in plastica, siamo ormai letteralmente sommersi da questo materiale. Viviamo in un mondo di plastica tanto che qualcuno ha persino definito i nostri anni quelli dell’‘Età della Plastica’. E non sappiamo più come liberarcene. Questo sviluppo incontrollato ha portato ad inquinare molte acque del nostro pianeta, al punto da originare delle isole di rifiuti. Ammassi di plastica nel bel mezzo degli oceani (ogni anno nei mari ci sono 8 milioni di tonnellate di plastica in più), convivono con le specie animali marine. Uno su tutti l’esempio del “Great Pacific Garbage Patch”, la piattaforma di immondizia formata da un sostrato di oggetti galleggianti, per lo più di plastica, che minaccia l’Oceano Pacifico.
La riduzione della produzione di plastica potrebbe essere una soluzione ma si tratterebbe di un percorso troppo complesso. Una soluzione potrebbe essere il riciclo anche se, secondo le stime, solo il 9% del materiale viene riciclato mentre il 79% finisce in discarica o peggio disperso nell’ambiente e il 12% è bruciato nei termovalorizzatori con trattamenti termici come la pirolisi o la combustione. Il riciclo, in sintesi, ritarda ma non risolve il problema dello smaltimento. L’Europa è l’area più virtuosa come riciclo (30%) seguita dalla Cina, che si attesta su una percentuale del 25%. Fanalino di coda gli Stati Uniti con solo il 9%.