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22 November 2024
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STORIE di Gianni Farina

In viaggio per l’Europa alla ricerca delle radici della nostra storia

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Ho vissuto ultimamente alcune belle giornate nel cuore della nostra Europa. I giorni di San Pietroburgo nella capitale russa della cultura ove ogni suo angolo parla italiano – dal palazzo d’inverno al celebre Hermitage – e racconta il genio degli ingegneri ed architetti nostri che la costruirono raccogliendo l’appello dell’imperatore slavo.
Passeggiando all’avvicinarsi dell’alba, aggredito dalle gelide folate della Bora Careliana che increspa i flutti del Nieva, il fiume dalla vastità di un lago che accarezza la città come un abbraccio amoroso e protettivo, noto, all’ancora, l’incrociatore Aurora, tanto austero e assopito alla ninna nanna dell’onda da sembrarmi immerso nel sogno della nostalgia di quello che fu all’alba del giorno fatale.
Erano mille, i delegati all’assemblea interparlamentare mondiale accorsi a portare un messaggio universale di pace, affermare il rispetto de diritti umani, vilipesi e ignorati in tante parti del pianeta.
Ho riscoperto il volto della nuova Russia che pensa, pur tra tante contraddizioni, a costruire un futuro democratico sull’esempio della sua città così vicina, per cultura e storia, al cuore dell’Europa.
Al ritorno mi sono fermato a Bruxelles per rendere il doveroso omaggio ai delegati del Consiglio Generale degli Italiani all’estero. Colà riuniti per affrontare i temi della cultura e del funzionamento delle istituzioni italiane nel lungo processo di costruzione dell’Unione europea attraverso la valorizzazione della ricchezza storica e umana dei suoi popoli. L’apposizione della targa del CGIE, al Bois du Cazier, il luogo simbolo del sacrificio italiano nel mondo, alla presenza dei rappresentanti della comunità nazionale in Belgio, è stato l’atto conclusivo di intense e positive giornate di lavoro.
E per concludere, invitato da Rosaria, l’ entusiasta presidente dell’ Associazione, un tuffo alla festa campana di Oberengstringen.
Il cuore popolare del Sud che non si è rassegnato al declino. Ma ha saputo costruire, anche nei momenti più bui – Il terremoto dell’Irpinia dell’ottanta del secolo scorso – processi di solidarietà e crescita umana e civile per le sue genti. Sono ricchezza e vanto, oggi, nella secolare terra degli Elvezi.
Ho portato, raccontando alcune mie passate e bellissime vicende nel beneventano, l’ appassionato e commosso saluto ai presenti.
Già, il Sud, dopo il referendum lombardo-veneto per chiedere una maggior autonomia, soprattutto, in materia fiscale.
Gli intellettuali illuminati sostengono da sempre la tesi che Napoli e il Meridione sono il futuro dell’Italia.
Da alcuni decenni il Sud è entrato in una fase di oblio, sia nelle concrete politiche economiche che nel pubblico dibattito.
Al Nord ha preso il sopravvento la noia unita al fastidio di dover parlare del Sud.
E tra gli stessi meridionali si è diffuso un sentimento di scetticismo e rassegnazione.
Non penso sia utopistico affermare invece che è proprio nel nostro Meridione che ci giochiamo il futuro. Poiché non possiamo pensare di competere in Europa se abbandoniamo a se stessi 20 milioni di nostri connazionali.
Ma per farlo dobbiamo capire bene come agire senza farci distrarre da falsi bersagli e senza dar retta a quelli che, un secolo fa, Nitti chiamava i “qualchecosisti”, quelli che chiedono solo sostegno e sussidi.
È l’autorevole affermazione del giornalista e politico italiano, Ernesto Auci, ad un recente convegno sul mezzogiorno.
L’autore, già direttore de “il Sole 24 ORE”, citava, come esempio virtuoso lo stabilimento di Pomigliano della Fiat che ha raggiunto il primato tra gli stabilimenti del gruppo nel mondo quanto a quantità e qualità della produzione.
È il risultato d’investimenti ben fatti e di accordi sulla produttività del lavoro lungimiranti.
La burocrazia e la carenza di direzione politica, continua, Ernesto Auci, sono i mali maggiori che affliggono il nostro Sud.
Per intraprendere una strada virtuosa occorrerebbe lavorare attorno a due grandi temi: progetti infrastrutturali e risanamento e rinascita delle città meridionali, i luoghi in cui si sviluppano le relazioni indispensabili ad un moderno apparato produttivo.
Se ciò accadrà, anche il fenomeno negativo della nuova emigrazione di massa in questi ultimi anni – una melange umana di alta professionalità e disperante emarginazione – si arresterà di fronte alle tante opportunità che il Sud avrà saputo creare per il bene delle sue genti e della nostra Patria.
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