Un fatto di cronaca internazionale sta diventando un problema scientifico con risvolti politici. Si tratta dello scienziato Rajendra Pachauri, presidente dell’Ipcc, il Panel di scienziati che ha studiato l’effetto serra per conto dell’Onu e che nel 2007 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace.
La notizia di cronaca è che vari scienziati americani, tedeschi e australiani, parte dei quali membri dello stesso Ipcc, hanno chiesto le dimissioni di Pachauri, che ha chiaramente detto che non intende rassegnarle. Motivo della richiesta delle dimissioni è che i rapporti dell’Ipcc sul clima sono manipolati. Ad accorgersi che i dati sul clima sono stati aggiustati sono stati molti studiosi, dal climatologo americano Fred Singer a Stanley Goldenberg, noto scienziato presso il NOAA, cioè il National Oceanic and Atmospheric Administration, l’ente statunitense per il controllo del clima. Già l’anno scorso, ben 114 studiosi della materia inviarono una lettera aperta al neo presidente Usa Barack Obama, pubblicata sul New York Times, nella quale affermavano che “l’allarme sui cambiamenti climatici è grossolanamente esagerato”. Da ultimo, in questi giorni, a chiedere le dimissioni di Pachauri è Hartmut Grassi, autorevole ex direttore del reparto meteorologico dell’Istituto Max Planck di Amburgo.
Che i dati sul clima dei rapporti dell’Ipcc siano stati “dedotti” è stato alla fine ammesso dallo stesso presidente dell’Ipcc. In particolare, gli scienziati contestano la previsione secondo cui i ghiacciai dell’Himalaya si sarebbero sciolti entro il 2035. Il presidente dell’Ipcc ha parlato di un errore di trascrizione (non nel 2035 ma nel 2350, ma intanto sulla data del 2035 sono state impostate politiche e campagne allarmistiche, non ultima la tesi catastrofista di Al Gore. La seconda contestazione riguarda la produzione agricola nelle zone piovose dell’Africa, che si sarebbe dimezzata entro il 2020. Gli studiosi che contestano questa previsione dicono che non esiste nessun riscontro di tipo scientifico. La terza manipolazione denunciata riguarda la foresta amazzonica che, fino al 40%, reagirebbe drasticamente alla riduzione delle piogge. Anche di questa previsione non c’è alcun fondamento scientifico.
Ormai lo scontro è aperto e il fronte degli oppositori si allarga e s’internazionalizza sempre di più. Ci sono scienziati che condannano le manipolazioni ma ritengono che il riscaldamento della Terra sia reale; ci sono scienziati che contestano che la Terra si stia riscaldando, adducendo in primo luogo che nella prima metà del Novecento il riscaldamento era maggiore che nella seconda metà, quando l’industrializzazione era maggiore, in secondo luogo che dal 2000 in poi il riscaldamento o è fermo o è salito di pochissimo; e infine ci sono scienziati che dicono che se di riscaldamento si può parlare, esso è dovuto non tanto all’attività dell’uomo quanto a quella del Sole.
Il fatto è che aggiustare i dati per favorire una tesi rispetto ad un’altra significa godere di finanziamenti che sono utili alla ricerca ma soprattutto ai ricercatori. Con grave danno per la scienza e anche per la gente comune, fuorviata da una informazione addomesticata.