Grande successo di pubblico per la fiction in due puntate su Raiuno “C’era una volta la città dei matti” diretta da Marco Turco.
La fiction su Basaglia interpretata da Fabrizio Gifuni, Vittoria Puccini e Michela Cescon è stata infatti seguita, nella prima, serata da 5 milioni e mezzo di telespettatori, saliti a 5 milioni e 900 mila nella seconda.
Risultati niente affatto scontati visti i temi trattati dalla miniserie. I bagni freddi, la “scuffia” con il lenzuolo sopra la testa quasi a soffocare e poi l’elettrochoc: mentre Turco a Trieste girava il film, c’è stato chi, ex paziente e in quel caso comparsa, è svenuto sul set.
Spiazzante e coraggiosa, la fiction è stata interpretata da 93 attori (molti dei quali ex pazienti). “Non c’è niente di più rischioso di mettere in scena la malattia mentale”, ha dichiarato il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce.
La miniserie, prodotta dalla Ciao Ragazzi di Claudia Mori, è interpretata da Gifuni nel ruolo del grande psichiatra, considerato il padre della 180, la legge approvata il 13 maggio del 1978 che aveva chiuso un’epoca della psichiatria e anche della società italiana. Ambientata nell’Italia dei primi anni ’60, la fiction racconta la storia dello psichiatra, all’epoca giovane, spedito a dirigere il manicomio di Gorizia come punizione per le sue continue frizioni con il mondo accademico.
Assistito dalla moglie Franca, Basaglia avrà modo di toccare con mano la follia del manicomio, luogo di repressione della malattia e non di una sua possibile cura. L’attività del professor Franco Basaglia nel manicomio di Gorizia fa ben presto il giro del mondo, un’avventura mai tentata prima, piena di rischi e pericoli il cui esito è tutt’altro che certo. Sotto la direzione di Basaglia, viene eliminata ogni forma di contenzione fisica dei malati, che possono finalmente passeggiare nel parco del manicomio e riappropriarsi di quegli spazi indispensabili alla guarigione. Ma i progetti di Basaglia non si esauriscono qui, il suo sogno è di chiudere per sempre l’esperienza dei manicomi per avviarne un’altra.
Il regista Marco Turco, che ha conosciuto lo psichiatra, prima di iniziare le riprese ha visitato molti centri di igiene mentale, a Imola, Forlì, nel Veneto e nel Friuli, e ha avuto difficoltà “nel trovare in una società di giovani palestrati, attori che potessero impersonare i matti che vivevano negli anni sessanta nei manicomi”, ha commentato Turco.
“Come attore – ha commentato Gifuni – sento molto il senso di responsabilità che c’è nell’interpretare una persona realmente esistita, ma questa volta sono molto orgoglioso del viaggio nella diversità che questo film mi ha costretto a fare”.
Anche Alberta, la figlia di Franco Basaglia, ha apprezzato la fiction: “In Fabrizio Gifuni ho ritrovato mio padre, tanto che adesso lo chiamo professor Gifuni”, ha detto Alberta Basaglia, raccontando di aver negato all’inizio l’autorizzazione al regista e alla produttrice Claudia Mori per realizzare una fiction tv sulla vita del padre per paura che emergesse una storia diversa da quella che era stata l’esperienza paterna.