Nuovo capitolo della vicenda Russiagate
Ad un mese di distanza dal mea culpa dell’ex consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn, l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon accusa il primogenito di Trump di aver tenuto incontri “sovversivi” con i russi durante la campagna elettorale. In un nuovo libro scritto da Michael Wolff, ‘Fire and Fury’, Bannon ha infatti definito “sovversivo” e “antipatriottico” l’incontro tra Donald Trump jr. e un gruppo di russi alla Trump Tower che sarebbe avvenuto nel giugno 2016, a pochi mesi di distanza dalle elezioni presidenziali. Accuse subito rispedite al mittente. Steve Bannon ha “perso la testa”, ha tuonato il presidente statunitense. “Steve finge di essere in guerra con i media, che chiama il partito di opposizione – si legge in una dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca – ma ha passato il suo tempo alla Casa Bianca facendo trapelare false informazioni ai media per sembrare molto più influente di quello che è”.
Intanto gli avvocati di Trump hanno inviato una lettera all’ex stratega della Casa Bianca chiedendogli di astenersi dal fare commenti sprezzanti contro il presidente e la sua famiglia. L’avvocato di Trump, Charles J. Harder, dello studio legale Harder Mirell & Abrams LLP, ha dichiarato in una nota riportata dall’Abc News, che “per conto dei nostri clienti, è stata emessa una notifica legale a Stephen K. Bannon, perché le sue dichiarazioni danno luogo a numerose rivendicazioni legali tra cui diffamazione, calunnia e violazione del suo accordo scritto di riservatezza e non denigrazione con i nostri clienti”. Nella lettera Harder infatti scrive che “parlando all’autore Michael Wolff del presidente, dei membri della sua famiglia e della società, svelando informazioni confidenziali e facendo dichiarazioni denigratorie e in alcuni casi completamente diffamatorie”, Bannon ha “violato un accordo di non divulgazione sapendo che tali dichiarazioni sarebbero state incluse nel libro”.
Russiagate e Flynn
Era il 18 novembre 2016 quando Donald Trump gli affidò l’incarico di consigliere per la sicurezza nazionale. Generale a riposo di grande esperienza, Michael Flynn arrivò alla Casa Bianca dopo essersi attirato le critiche di molti, anche al Pentagono, per le sue posizioni anti-Islam, che sarebbero state all’origine, a sua detta, dello strappo con Barack Obama quando era ancora a capo della Defense Intelligence Agency, e per le sue posizioni filo-russia, che lo misero subito in sintonia con il neoeletto presidente statunitense. Ed è stato proprio il legame con la Russia ad averlo portato al centro delle indagini sul Russiagate, prima come indagato e ora come ‘testimone chiave’ dell’inchiesta che fa tremare il presidente Trump.
Secondo le indagini sul Russiagate Flynn avrebbe parlato di una possibile revoca delle sanzioni contro Mosca con l’ambasciatore russo a Washington, Sergey Kislyak, il 29 dicembre scorso, lo stesso giorno in cui il presidente uscente Barack Obama annunciò nuove misure restrittive per le interferenze russe nel voto di novembre. In base al Logan Act, una legge federale risalente al 1799, è illegale per un privato cittadino – e tale era allora Flynn – negoziare con funzionari di governi stranieri che abbiano contenziosi aperti con gli Stati Uniti.
La ‘colpa’ dell’ex consigliere per la Sicurezza nazionale sarebbe anche quella di aver negato di aver parlato del tema, smentito successivamente da una fonte dell’amministrazione. Tanto che il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, Robert Mueller, lo ha incriminato per aver reso “volontariamente e consapevolmente” “dichiarazioni false, fittizie e fraudolente” all’Fbi, riguardanti le sue conversazioni con l’ex ambasciatore russo a Washington. Lo stesso Flynn si è dichiarato colpevole di aver mentito all’Fbi e ha deciso di collaborare con l’inchiesta di Mueller.
Adnkronos
foto: Ansa