A giudizio di tutti la tragedia del terremoto in Abruzzo – racchiusa in una città e in varie cittadine distrutte, in 293 morti, in qualche migliaio di feriti e in decine di migliaia di senza tetto – questa volta, a differenza del passato, non ha trascinato co sé nessuna polemica. “Lo Stato c’è” è una constatazione che è apparsa sui giornali già all’indomani del disastro. La Protezione Civile è intervenuta in maniera rapida e coordinata ed è riuscita a dare un indirizzo razionale alla voglia di fare qualcosa di tanti italiani, abruzzesi e non. In passato i volontari operavano con il cuore, ma non sempre questo si traduceva in aiuti reali. La mancanza di coordinamento aveva creato più problemi di quanti se ne risolvevano. Guido Bertolaso, l’unico vice ministro perennemente vestito con la tuta da lavoro sia in una riunione ufficiale che sul luogo dei disastri, ha portato le capacità d’intervento della Protezione Civile a livelli che altri Paesi c’invidiano. Le altre tragedie hanno insegnato molto, in questo l’Italia ha fatto progressi da gigante. Lo Stato, dunque, c’è stato, sia nella pronta reazione delle istituzioni (Governo, Presidenza dellaRepubblica, Camera e Senato) che nelle forze dell’opposizione che hanno evitato qualsiasi polemica, vuoi perché non ce n’erano, vuoi perché di fronte alla tragedia è cresciuta la consapevolezza e la maturità di tutti. Dunque, c’è stato lo Stato, ma sarebbe più esatto dire che ci sono stati gli italiani, ciascuno nel compito che gli è assegnato. La presenza del premier fra la gente, l’immediata prima risposta in termini di aiuti da parte del governo alla gente senza casa, l’impegno ufficiale di Berlusconi a “non lasciare nessuno indietro”, la via dell’ordinanza per accelerare e rendere efficaci le risorse (preferita a quella legislativa e burocratica che ha permesso in passato di “disperdere” gli aiuti), insieme all’appello alle cento province di elaborare ciascuna un progetto di ricostruzione, fanno ben sperare – almeno questo è l’augurio – che l’Abruzzo sarà ricostruito meglio di prima, come successe in Friuli nel 1976. Quanto alla “previsione” fatta da Giampaolo Giuliani
– affermazioni e materia che in altri tempi avrebbero fatto esplodere polemiche a non finire – geologi e sismologi italiani e stranieri hanno ufficialmente e categoricamente smentito che si possa prevedere dove e quando un terremoto può avvenire. Magari la scienza dovrà approfondire gli studi su questi fenomeni, ma la politica non può non tenere conto della scienza, specie se essa è concorde. La tragedia dell’Abruzzo mostra, però, che se sta faticosamente nascendo una nuova Italia, quella vecchia ha fatto danni e continua a farne. Il crollo di palazzi che hanno pochi anni di vita certifica superficialità, mancanza di controlli, imbrogli, truffe sui materiali, tangenti, trasgressione delle leggi. Le norme antisismiche approvate nel 2005 restano regolarmente inapplicate. La nuova Italia non può nascere se non si seppellisce quella vecchia.