“Spaccagli le gambe!”. È questo che un genitore suggerisce, grida, al proprio figlio in campo mentre si disputa una sfida tra ragazzini di categoria Esordienti, Venaus-Lascaris, nel torinese. Dalla tribuna, il genitore che segue il figlio anche in trasferta, lo incita a giocare bene, a giocare duro, in altri termini, a spaccare le gambe al proprio avversario. Evviva lo sport, quello sano, quello bello, che unisce e consolida il rapporto genitori-figli accomunati dall’amore per lo sport e la sana competizione. Evviva, se non fosse per questi episodi di pura follia. Quale sarebbe l’insegnamento genitoriale in questo caso? Per vincere va bene tutto, pure spaccare le gambe all’avversario. Per fortuna è intervenuto l’allenatore della squadra avversaria, quella che aveva ricevuto la minaccia, che ha ritirato i suoi giocatori 12enni dal campo dichiarando che non ci fosse nulla di educativo e di sportivo in quello che stava accadendo. “Sono termini che si usano durante le partite di calcio, ma da lì è scoppiato il pandemonio con uno dei genitori del Venaus che è venuto verso le tribune per avere un contatto fisico con me, scatenando il parapiglia. Prima di quella frase me l’ero presa con l’arbitro. Dopo tutto questo mi sento provato, mi stanno mettendo in croce senza motivo. Sono uscite parole sbagliate, ma che riguardavano il gioco”. Si giustifica il padre colpevole della grave frase. Ma quello di sminuire certi atteggiamenti violenti, anche se solo verbali, è uno dei motivi di fondo della perdita dei valori come disciplina, educazione e soprattutto rispetto per l’altro. Ma è proprio da dove i ragazzi dovrebbero apprendere disciplina e buona educazione – non il rispetto che dovrebbe essere appreso in ambiente familiare – che si ha l’esempio peggiore, sempre da parte dei genitori: a Foggia un ragazzo prende una nota disciplinare e il vice preside viene massacrato di pugni dal padre con una prognosi di 30 giorni. A Torino un ragazzo, a seguito dei ripetuti ritardi, non viene fatto entrare a scuola, in suo aiuto accorrono il padre e altri due parenti per la spedizione punitiva contro il docente. A Palermo il professore ipovedente, accusato ingiustamente di aver picchiato un’alunna di terza media, viene malmenato dal padre che ne causa una emorragia cerebrale e 25 giorni di prognosi. E questi sono solo gli ultimi casi in termini di tempo, non gli unici. È chiaro che i professori oggi, invece che entrare in classe, devono prepararsi a salire sul ring. Una volta famiglia e scuola collaboravano all’educazione dei ragazzi, alla formazione di adulti corretti e consapevoli. Come si può vivere ed educare in un clima come questo, dove la cultura viene presa a pugni in faccia e la competizione assume i connotati di gravi minacce? Non è chiaro quello che sta accadendo alle famiglie di oggi, ma è avvilente notare che invece di essere un importante punto di riferimento per i propri figli, ci sono sempre più casi in cui i genitori ne rappresentano uno dei più grandi ostacoli alla loro crescita e al miglioramento degli individui.
foto: Ansa