La destra populista e antieuropea ai vertici della repubblica
Il ruolo delle forze progressiste in parlamento, nel Paese e tra la comunità nazionale in Europa
Un tempo Rasputin stregone al servizio di Donald Trump.
Ora ha preso residenza a Roma. Pontifica sull’Italia centro del mondo.
Sui novelli Cesare e Ottaviano al potere del Belpaese.
Si tratta di Steve Bannon, il perverso reazionario, opinion maker dei super ministri Matteo Salvini e Luigi Di Maio. L’uno, e senza pudore, ha appena giurato fedeltà alla costituzione dopo la vergogna dell’impeachment. L’altro continua la reazionaria e odiosa propaganda di oscuramento delle coscienze civili e democratiche della società italiana. L’attacco a Mimmo Lucano, il coraggioso sindaco di Riace, per la sua umana politica di accoglienza dei miserabili che approdano alle nostre coste, irriguardoso e inqualificabile.
Abbiamo vissuto ore drammatiche. Tutta la mia solidarietà al Presidente Mattarella, oggetto di un attacco violento e volgare.
Scrive Goffredo Bettini in un suo recente saggio: “D’altra parte sappiamo, ce lo dice la storia, che i populismi hanno bisogno costantemente di trovare e indicare al popolo falsi nemici, per giustificare i loro fallimenti, le loro promesse irrealizzabili, e rimandare il momento decisivo nel quale si possono verificare nella realtà le bugie e le falsificazioni che hanno utilizzato per carpire il consenso dei cittadini.
La questione, tuttavia, è che l’Italia rischia di pagare carissimo questo gioco cinico, rischia di precipitare nel caos economico e finanziario, determinando così un peggioramento generale delle condizioni di vita del nostro popolo. Di fronte a quello che stiamo vivendo, è sacrosanto il richiamo all’unità delle forze progressiste.
Occorre essere tutti in campo, come in effetti, sta via via accadendo, con un coro di voci che spingono urgentemente ad una risposta e ad una riscossa.
L’unità, innanzitutto, si realizza contribuendo a scelte collettive che prioritariamente debbono essere sintetizzate e poi rappresentate da chi ha oggi il compito di guida.
Occorre costruire un campo largo, che si muova sulla base di un manifesto delle energie intellettuali, culturali, scientifiche, produttive, del mondo del lavoro e di tutte le espressioni vive della società italiana
Scrive ancora Bettini: “È il momento di richiamare tutti alle loro responsabilità. E di dare voce e valore politico alla spina dorsale dell’Italia migliore, troppo silente e troppo abbandonata anche dalla sinistra.
Questo nuovo campo democratico deve avere come obiettivo quello di lanciare e diffondere un allarme circa le sorti della repubblica.
Ma insieme all’allarme democratico va messa in campo subito una proposta in grado di prosciugare le ragioni che hanno gonfiato le vele del populismo”.
In questo senso dobbiamo andare oltre l’idea di costruire un fronte repubblicano.
In Italia non basterebbe.
Occorre mettere al centro della nostra lotta al populismo, i temi della giustizia sociale.
Dalle enormi disparità tra chi ha e chi non ha, in Italia si è fondata la rabbia populista.
Cosi come sull’Europa, non possiamo fermarci alla sua difesa.
Essenziale difesa: perché l’Italia senza l’Europa piomberebbe in una fragilità insostenibile e sarebbe facile preda delle grandi potenze oggi in campo nel mondo.
Accanto alla difesa dell’Europa va detto con tutta la forza possibile che noi siamo per cambiarla, per migliorarla e per sostenerla con poteri democratici sovranazionali, per legarla attraverso forme di rappresentanza dirette alla sensibilità e agli interessi dei cittadini.
Il campo democratico da suscitare in questo momento va articolato nelle sue diverse espressioni politiche.
Trovando, sui pochi temi accennati, le basi di una iniziativa di unità e di grande respiro.
Un’ iniziativa che deve saper parlare ai tanti cittadini democratici che alle ultime elezioni non hanno votato.
Nel prossimo scontro elettorale questo campo dovrebbe essere rappresentato da una personalità che è stata già sperimentata per le sue capacità di governo, per la sua propensione al dialogo e all’ascolto, per la sua coerenza nel difendere certi valori, per il suo tratto di rigore istituzionale e di civiltà nei rapporti.
Abbiamo un arco di forze, per fortuna, sufficiente che corrisponde a queste caratteristiche.
A partire da Paolo Gentiloni, che in questo momento è tra i dirigenti più popolari e amati del nostro Paese.