Recentemente si sono riuniti a Lugano circa duecento tra: dirigenti delle principali banche private elvetiche; organismi di controllo del mercato finanziario; autorità politiche europee, cantonali e federali. Queste ultime erano rappresentate da Ignazio Cassis, Capo del Dipartimento federale degli affari esteri e responsabile dei rapporti tra Svizzera ed Unione Europea. Occasione dell’incontro: la terza edizione del Private banking day. L’evento è stato organizzato dalla: Associazione delle banche private svizzere-ABPS, rappresentata dal suo presidente Yves Mirabaud; dalla Associazione delle banche svizzere di gestione-ABG, guidata da Marcel Rohner; e dalla Associazione bancaria ticinese, il cui responsabile è Alberto Petruzzella. Nomi , cifre , impieghi: una breve premessa è d’obbligo. Innanzitutto, fra le trentasette banche partecipanti a queste due associazioni troviamo autentici market-leader. Ne citiamo solo alcuni, senza pretesa di completezza o di priorità: Julius Bär, Lombard Odier, Bordier, Vontobel, EFG, Cornérbank, UBP, Pictet, Morval, Banca del Ceresio, Mirabaud, Società bancaria ticinese, Dreyfus. Le cifre confermano la complessiva presenza di mercato e solidità di queste banche: quasi ventiseimila collaboratori, ripartiti tra Svizzera ed estero, vengono impiegati a gestire un totale di massa amministrata pari a circa milleottocento miliardi di franchi. Il tema del simposio era tra i piu’ impegnativi ed attuali: «Piazza finanziaria svizzera – Quale modello di integrazione in Europa?». Le aspettative sono state mantenute.
L’evento di Lugano ha innanzitutto focalizzato le questioni che appesantiscono l’attività bancaria: eccessiva pressione di regolamenti e libero accesso ai mercati esteri, con particolare attenzione a quello euro-comunitario. La gestione di capitali genera oltre il 50% dei profitti bancari ma deriva da clientela che per i due terzi risiede all’estero, in particolare in Europa. Quindi è prioritario che la Confederazione mantenga relazioni chiare con i paesi confinanti: “da cio’ dipende la capacità delle banche di esportare i propri servizi, mantenendo posti di lavoro ed entrate fiscali in Svizzera”, ha chiarito Yves Mirabaud, presidente di ABPS. Già, il punto è proprio questo: la Svizzera comunque si trova a convivere con quanto accade in Europa. Ma come vanno le cose nella vicina Comunità? a che punto sono con le relazioni i nostri vicini europei ? Al primo interrogativo ha risposto Jeroen Dijsselbloem. Dal 2013 e sino a pochi mesi fa questo politico olandese non solo ha presieduto l’ Eurogruppo, l’associazione dei ministri delle finanze comunitari, ma soprattutto il Meccanismo europeo di stabilità, il “Fondo Salvastati” che sovraintende alle politiche economiche dei paesi con pesanti deficit di bilancio. L’ Europa, ha esordito Dijsselbloem, si sta già occupando di alcuni problemi. Per esempio: Brexit e la perdita di competitività della Germania.
Ma anche l’Italia è fonte di preoccupazioni. Debito pubblico e disoccupazione eccessivi continuano a influenzare le decisioni politiche. Inoltre i veri problemi del paese non sono ancora stati messi in discussione: è quindi prevedibile che si dovranno affrontare scelte difficili. In tema di banche europee: contrasto alle attività criminali e agli abusi con le criptovalute, insieme ad un aumento dei requisiti di capitale ed un incremento dei finanziamenti non-bancari lasciano prevedere un inasprimento delle regolamentazioni. Inoltre, lo sviluppo del mercato finanziario europeo è un processo che ancora non trova una interpretazione univoca tra i medesimi paesi partecipanti. Alcuni desiderano un accentramento delle competenze ed eventualmente una chiusura verso gli stati terzi. Altri chiedono piu’ autonomia per le nazioni partecipanti alla Unione. Altri, infine, desiderano una Europa piu’ competitiva e dinamica in campo internazionale. In ogni caso, ha concluso Dijsselbloem: “indipendentemente dall’esito di tale processo e considerata la presa di coscienza conseguente alla Brexit, la politica finanziaria dell’Europa comunque avrà un impatto per quei paesi terzi, come la Svizzera, che intendono interagire con la Comunità”. Quale è la posizione della Svizzera? Ignazio Cassis, responsabile della diplomazia elvetica, ne ha illustrato le possibili evoluzioni. In particolare: si prevede che il dossier dei servizi finanziari non venga negoziato direttamente con la Unione Europea, ma con le singole nazioni partecipanti: “Il Consiglio federale è ben consapevole che la gestione patrimoniale rappresenta un settore d’esportazione fondamentale per la Svizzera: pertanto si impegna a trovare le migliori soluzioni possibili, specie per quanto riguarda i servizi finanziari transfrontalieri”. L’intervento finale è stato lasciato a Marcel Rohner, Presidente della ABG. In ambito dei servizi finanziari la Svizzera si è già adeguata alle regolamentazioni comunitarie ed internazionali, adottando in questi ultimi anni un pacchetto di nuove normative. Pertanto è ora che queste premesse conducano ad evoluzioni concrete: “il nostro paese ha diritto di attendersi dalla Unione Europea la adozione di un approccio pragmatico che consenta di ottenere una soluzione equilibrata per il settore, un approccio che tenga conto della specificità di ciascuno e riduca la barriere di natura protezionistica. Spetta a noi dare prova di creatività per elaborare una tale soluzione”. Prima di concludere, riassumiamo brevemente l’attuale stato delle relazioni finanziarie tra Svizzera ed i paesi confinanti. Il 15 agosto 2013 la Confederazione ha raggiunto un accordo con la Germania: gli operatori elvetici possono prestarvi i loro servizi senza obbligo di creare una succursale. Parimenti accade con l’Austria già dal 13 aprile 2012.
Con la Francia, che si candida ad attrarre le attività finanziarie in partenza dalla Gran Bretagna dopo la Brexit, la Confederazione non ha raggiunto alcun accordo: la creazione di una succursale è dunque obbligatoria. L’Italia segue la impostazione normativa francese. Inoltre, le relazioni con la Svizzera rimangono in attesa dell’insediamento a Roma di un nuovo e stabile governo. Limitiamoci allo stato delle cronache dall’ Italia come al momento di andare in stampa, e cerchiamo di essere ottimisti: si prevedono tempi lunghi.
An Grandi