Che senso ha parlare di giornata mondiale dei rifugiati di fronte all’incapacità di accogliere
A proposito della giornata mondiale del rifugiato, alla luce delle discussioni e delle polemiche degli ultimi tempi, viene da domandarsi se abbia ancora senso una tale ricorrenza.
Il 20 giugno di ogni anno si celebra questa “farsa” della giornata mondiale, indetta dalle Nazioni Unite al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di milioni di rifugiati e richiedenti asilo che, costretti a fuggire da guerre, violenze e situazioni indigenti, lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era parte della loro vita, alla ricerca di pace, di un lavoro, di una situazione più stabile, di democrazia.
I sentimenti che si hanno nei confronti di questa gente traspaiono dai commenti che circolano sulla rete, soprattutto da parte degli italiani che si sentono “invasi” dagli stranieri, ovvero quelle “presenze inutili, se non controproducenti” a cui “bisogna sparagli a vista” perché “devastano l’Italia, aggiungendo criminalità, spaccio, e altri poveri (Ma loro sono mantenuti e spesati!)”. E questi sono solo i pensieri più leggibili, i meno coloriti.
Il Governo italiano ha deciso di adottare la linea dura con i migranti e non è l’unico: altri Paesi europei non fanno sicuramente meglio. E se gettiamo lo sguardo oltre oceano, è terribile la decisione dell’amministrazione americana in materia di immigrazione di separare duemila bambini dalle famiglie di stranieri entrati illegalmente negli Stati Uniti. Che fine hanno fatto i diritti dei migranti? Il malcontento e la crescente rabbia, l’insoddisfazione e la situazione economica precaria hanno aumentato l’incapacità di accogliere chi è visto solo come un numero invasivo: non persone, non uomini dietro ognuno dei quali “c’è una storia che merita di essere ascoltata. Storie di sofferenze, di umiliazioni ma anche di chi è riuscito a ricostruire il proprio futuro, portando il proprio contributo alla società che lo ha accolto”, come spiega la Convenzione sui profughi dell’Assemblea Generale ONU approvata nel 1951.
Come ha potuto constatare la Caritas, è ormai un dato di fatto che sia l’Italia che l’Europa stentano a sviluppare politiche di accoglienza realistiche, coordinate e condivise con la conclusione di non assicurare ai rifugiati il rispetto dei diritti umani fondamentali.
Durante l’ultimo MigraMed, l’annuale incontro tra le Caritas del bacino del Mediterraneo, è stato diffuso un appello in cui si chiede all’Ue, ai Paesi di origine e a quelli di transito, di facilitare i canali di ingresso legali e sicuri, attraverso il rilascio di visti umanitari, sia per i richiedenti protezione internazionale che per i lavoratori migranti. Inoltre è stato chiesto di impedire la restrizione della libertà di movimento e rispettare il diritto di lasciare qualsiasi Paese incluso il proprio. Per tutta risposta si chiudono i porti. Allora, che senso ha parlare di giornata mondiale dei rifugiati?
Eveline Bentivegna
foto: Ansa