Si è impiccato nella sua casa di Londra, sopraffatto dal dolore per la morte di sua madre avvenuta solo una settimana prima. È morto così, a soli 40 anni, Alexander McQueen, genio ribelle della moda inglese.
È stato trovato senza vita da un’ambulanza che non ha potuto fare altro se non constatarne il decesso. La notizia, che ha fatto subito il giro del mondo, è stata confermata da Ed Filipowski, portavoce della sua griffe, mentre i familiari si trinceravano dietro al dolore per la tragica scomparsa.
Nel 2007 il designer aveva perso un altro dei suoi affetti più cari, l’amica Isabella Blow, anche lei morta suicida. Era stata proprio la nota editorialista di moda ad aver creduto nel suo talento lanciandolo sulla scena internazionale.
Figlio di un tassista, Alexander lasciò la scuola a soli 16 anni per seguire il fuoco sacro della moda. Come molti altri colleghi della sua generazione, anche lui fu considerato un “enfant prodige”. La sua carriera cominciò da apprendista in uno dei tanti atelier della leggendaria Saville Row, la via dei migliori sarti di Londra.
Dopo essersi trasferito, a soli 20 anni, a Milano per lavorare con Romeo Gigli, nel 1996 approdò da Givenchy, a Parigi, dove sostituì John Galliano come direttore artistico.
Guiderà poi la raffinata maison francese fino al 2001, accusando in seguito i vertici dell’azienda di soffocare la sua vena creativa in nome del business.
È proprio in questi anni che McQueen si dedicò alla sua linea, un mix di sartorialità e provocazione, di glamour e avanguardia.
Nonostante il successo, la stima degli addetti ai lavori, l’onorificenza come Cavaliere e ben quattro riconoscimenti come British Designer of the Year, McQueen resterà sempre un outsider, conservando quella vena eversiva, visionaria e anticonformista tipica del suo personalissimo stile. Presto le sue sfilate divennero un evento da non perdere, attese e seguite dalla stampa internazionale, tra effetti teatrali e suggestioni gotiche che conquistarono anche il grande pubblico.
Nel 1999 tutti i media parlarono di Aimee Mullins, la giovane modella con le gambe amputate che McQueen fece sfilare su sofisticate protesi di legno.
Negli ultimi anni il suo marchio aveva inaugurato nuove boutique a Londra, New York e Milano e il designer aveva intrapreso una felice collaborazione con il brand Puma, firmando un’apprezzata linea di scarpe da ginnastica. La sua nuova collezione, in programma per il prossimo 9 marzo, era uno degli eventi più attesi della settimana della moda francese.
Sulla sua ultima passerella, a Milano moda uomo, lo scorso gennaio, McQueen era sembrato in forma come sempre: con un sound di musica celtica cantata da Sting, immortalato come un homeless sul cartoncino d’invito, il talentuoso designer aveva proposto ossa e teschi – due “temi” che fanno letteralmente impazzire il mondo della moda – stampati digitalmente su tutti i capi, come al solito perfettamente tagliati.
Nella sua ultima collezione autunno inverno 2010-201 lo stilista ricopre ancora una volta il ruolo di un artista visionario con proposte tanto originali quanto fuori dal comune.
Giochi di fantasie e stampe colorano a tutto campo i capi dell’uomo rendendolo una creatura misteriosa, mistero ancor più accresciuto dalle maschere simili a merletti che nascondo il viso dei modelli. Disegni cashmere, fantasie di ogni genere, sono i temi dominanti di una collezione che assomiglia alle suggestioni cinematografiche che dipingono le ossessioni dell’animo umano.
Quello che è certo è che la collezione di Alexander McQueen presenta uno stile d’avanguarda ed è una moda impegnativa che molti non avranno il coraggio di indossare. Come è altrettanto certo che con lui se ne va un pezzo della nostra moda contemporanea.