Andiamo alla sostanza del discorso. La nostra società ormai globalizzata è alla costante ricerca di competenze per soddisfare le necessità di un mercato sempre piu’ interdipendente e difficile da comprendere. E adesso domandiamoci: è possibile ignorare le potenzialità di tutte le categorie presenti? Quanto attendibili diventano i risultati di studi o modalità di lavoro che non risultino veramente inclusivi?
Insomma: la visione della nostra società, anche dal punto di vista economico, puo’ ancora permettersi di essere parziale? La risposta è semplice: no, non è piu’ possibile. Quindi aggiorniamo il nostro modo di pensare. Non è difficile, E’ cio’ che accade tutti i giorni quando, ad esempio, apriamo il giornale. Ci informiamo, comprendiamo i fatti e ci adeguiamo alla realtà che cambia. Ed adesso: dalla teoria passiamo alla pratica. In particolare, soffermiamoci su un argomento che è sotto gli occhi di tutti: la eguaglianza di genere sul luogo di lavoro.
Per cominciare, é uno degli obiettivi individuati dalle Nazioni Unite-ONU per lo sviluppo sostenibile (SGS-Sustainable development goals) e la crescita economica delle nostre società. Ma l’ONU non è la sola ad occuparsene. In Svizzera la parità di genere è promossa anche dalla Associazione per la Finanza Sostenibile, meglio nota come SSF-Swiss Sustainable Finance, che in concreto si occupa di applicarne i principi nella finanza elvetica e diffonderli tra le novanta associazioni economiche aderenti. Tra queste ultime, ricordiamo, figurano alcuni tra i maggiori gestori patrimoniali, banche e centri di ricerca accademica.
Nel convegno “Uguaglianza di genere – una opportunità per la economia ed il mondo finanziario”, oggi in corso di svolgimento presso il Centro Studi Bancari di Vezia, in Canton Ticino, Sabine Döbeli, amministratore delegato di SSF, ha presentato il risultato di alcuni importanti studi.
La Dottoressa Paola Profeta, Docente di Scienza delle Finanze presso la Università Bocconi di Milano, una delle piu’ autorevoli in Italia, si è occupata di eguaglianza di genere sul posto di lavoro. Innanzitutto, sebbene nessun paese al mondo abbia raggiunto la totale parità, in alcune nazioni del Nord-Europa come Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia le disparità lavorative tra uomini e donne riguardano solo il 20% dei casi considerati.
In Svizzera questa percentuale scende al 25%, l’Italia é al 30%, mentre all’ultimo posto troviamo lo Yemen dove la differenza di genere discrimina ben oltre la metà degli impieghi. Eppure il mantenimento di pari opportunità lavorative ha i suoi vantaggi.
La ricerca della Università Bocconi mostra che le donne spesso risultano meglio istruite degli uomini, sono piu’ responsabili, meno assenteiste, e la loro presenza riduce le inefficienze aziendali. Perché? Perché la uguaglianza di genere in posizioni decisionali modera le conflittualità all’interno dei gruppi di lavoro, aumenta la innovazione, la immagine aziendale e permette di considerare in misura piu’ ampia le strategie imprenditoriali. In particolare: nelle imprese pubbliche le donne mostrano piu’ attenzione degli uomini su temi come benessere sociale, sanità, ripartizione della spesa.
Nelle imprese private invece le dirigenti sono piu’ sensibili al rispetto dell’ambiente e piu’ portate ad incrementare le esportazioni. Ai tassi di crescita attuali, potrebbero essere necessari almeno sessant’anni per raggiungere una piena eguaglianza sul posto di lavoro. Eccetto nel frattempo trovino applicazione le cosiddette quote rosa, che per legge impongono una percentuale di dirigenti donne. Questo, ad esempio, già dal 2012 è previsto in Italia per le società quotate in borsa e quelle a controllo pubblico.
Gli studi dimostrano che una maggiore presenza femminile ha aumentato il valore azionario delle società interessate. Anche Mara Harvey, responsabile presso UBS Zurigo del dipartimento clienti privati residenti in Germania-Austria-Italia e con un patrimonio individuale di oltre 30 milioni di dollari, sottolinea la importanza della presenza femminile nel mondo della finanza. Alcuni dati statistici ce lo confermano. Le donne gestiscono il 30% della ricchezza mondiale. Decidono il 75% degli acquisti. Nell’85% dei casi influenzano le decisioni di investimento ed addirittura nell’80% finiscono per essere le sole a gestire un patrimonio. In modo piu’ disciplinato dei colleghi maschi.
Quali le motivazioni del “buon senso femminile” nelle decisioni finanziarie? Nove donne su dieci investono in società rispettose del benessere sociale. Il 35% non si fa influenzare dal linguaggio finanziario e solo il 41% delle investitrici ripone fiducia esclusivamente nelle proprie capacità di gestione. Quindi anche UBS si è adattata. A partire dallo scorso anno la consulenza verso il pubblico femminile è stata riformulata affinché la predisposizione alla prudenza negli investimenti possa meglio conciliarsi anche con un mantenimento del patrimonio nel tempo. Infine, gli studi e le statistiche che ora vi abbiamo segnalato trovano concreta applicazione nelle attività della olandese Equileap, che grazie al dinamismo delle due co-fondatrici Jo Andrews e Diana Van Maasdijk, oggi è una delle principali organizzazioni internazionali per la emancipazione, la parità salariale e la promozione femminile nel mondo del lavoro. A tal proposito, Equileap pubblica annualmente una classifica delle 200 aziende piu’ rispettose delle pari opportunità.
Questi risultati influenzano gli investimenti in finanza sostenibile dei maggiori operatori mondiali per quasi 600 milioni di dollari. Tra le prime dieci società premiate da Equileap troviamo nomi importanti: General Motors, L’Oréal, Tele2, National Australia Bank, JPMorgan Chase. Inoltre gran parte delle aziende considerate da Equileap ha anche migliorato redditività e valore di mercato con il progredire della presenza femminile nelle posizioni dirigenziali. Come volevasi dimostrare…
An Grandi
Nl Tomei