Tempi di crisi economica, tempi duri. Ne sanno qualcosa in Giappone, Paese della piena occupazione che nel giro di poco più di un anno si è ritrovato con circa cinque milioni di disoccupati. Anche in Giappone la casa di proprietà non è appannaggio di tutti, per cui molti vivono in affitto.
Ed è questo il punto: con la disoccupazione le condizioni economiche sono diventate difficili, al punto che non ci si può permettere più nemmeno di pagare un normale appartamento. Ovviamente, la precarietà di questa condizione non è generalizzata, interessa una fetta ridotta di persone, ma sta diventando un problema serio. Lo dimostra l’assalto agli “Hotel Capsule”.
Cosa sono? Sarebbe più esatto cominciare col chiedersi cosa erano, perché essi non sono sorti ieri, ma agli inizi degli anni Settanta quando coloro che facevano tardi sul lavoro o che restavano nei locali di divertimento fino a sera inoltrata e che perdevano l’ultimo treno o non volevano rientrare a casa e alzarsi da lì a poche ore, preferivano passare il resto della notte in una stanzetta dell’Hotel Capsule. Stanzetta è un eufemismo, perché in realtà il “buco” assomigliava ad un loculo, un po’ più grande, ma un loculo vero e proprio. Anche nella forma: 2 metri di lunghezza per uno di larghezza e uno di altezza, a cui si accedeva per mezzo di una scaletta.
L’ulteriore vantaggio, oltre a quelli già indicati, il prezzo ridotto. Ovviamente era una soluzione temporanea, limitata per lo più ad una notte, al massimo due. La stanchezza, poi, o l’alcol ingurgitato, facevano apparire confortevole anche un loculo di quel genere. Provate a prendere un metro e verificate le misure: per quanto un po’ più spazioso di un loculo da cimitero, sempre di un loculo trattasi.
Certo, chi soffriva di claustrofobia si teneva lontano da un rifugio del genere, a meno che non ci entrasse con i piedi. Da noi c’erano i dormitori, letti a castello in una grande stanza, praticamente solo un posto dove distendersi.
Qualcosa di simile agli Hotel Capsule, che a loro volta assomigliavano ad un alveare. Ebbene, adesso, con la crisi economica, come detto, gli Hotel Capsule si stanno diffondendo, non più per una o due notti, ma come dimora fissa, almeno fino a quando la crisi non sarà superata.
Chi, dunque, ha perso il lavoro e non ha la casa di proprietà, non essendoci in Giappone tutte le tutele che ci sono da noi, viene a trovarsi in mezzo ad una strada. Le statistiche dicono che negli ultimi mesi sono oltre diecimila le persone che la sera se ne vanno sotto i ponti a passare la notte o che si fermano sulla panchina di un giardinetto pubblico.
Sono cifre, queste, che non costituiscono un dramma esteso, ma, ripetiamo, nel Paese della piena occupazione sono un allarme di cui il governo sembra essersi reso conto.
Ma i loculi non sono solo affollati da disoccupati che non possono permettersi di pagare un appartamento, sono frequentati anche da coloro che hanno ancora un lavoro o dei risparmi e che, in previsione di tempi più duri, preferiscono adattarsi e risparmiare.
È chiaro che i frequentatori degli Hotel Capsule sono single: una famiglia non potrebbe vivere né in un loculo, né in una serie di loculi, per quanto uno vicino all’altro. Molti, dunque, lo fanno per risparmiare. Un loculo costa 59 mila yen al mese, quasi 500 euro, una cifra che in Italia equivale a poco meno di una pensione sociale e spesso al salario di un lavoro precario, il che significa che le paghe, in Giappone, sono alte.
Noi abbiamo scherzato sulla somiglianza di queste stanzette-rifugio con i loculi, per quanto più confortevoli di quelli veri, ma in realtà l’idea non è affatto cattiva. In tempi di crisi e non, si pensi alla loro utilità per tanti giovani che viaggiano. Ce ne vorrebbero di più, tanti di più e anche da noi, dove una stanza in un albergo costa un occhio della testa e dove gli ostelli della gioventù sono pochissimi e non proprio a buon mercato.
Tutto sommato, tra un buco all’addiaccio e un buco in un hotel, sicuramente è meglio quest’ultimo.