Dietro alla moltiplicazione della popolazione mediterranea di questi uccelli si nascondono problemi geologici da non sottovalutare
Il fenicottero è diventato ormai un marchio commerciale che piace a tutti. Lo vediamo riproposto non solo, in estate, nei gonfiabili rosa un po’ kitsch ma ovunque in una sorta di logo modaiolo onnipresente. Magliette, tovaglie, tazze a sfondo tropicale, poster, bijoux, cuscini e cover dei cellulari dimostrano quanto sia dilagante la fenicottero-mania: il flamingo, cosi’ chiamato nella versione internazionale, spopola per quell’eleganza e quel colore teneramente rosa e diventa l’animale più commercialmente virale dell’anno appena trascorso. Ma, a parte l’estetica cosa sappiamo di questo uccello?
Il fenicottero è un grande volatile presente praticamente in tutto il mondo che raggiunge la considerevole altezza di quasi un metro e mezzo. Il colore rosa deriva dalle sue abitudini alimentari principalmente costituite da gamberetti rosa Artemia salina, ricchi di carotenoidi che conferiscono alle penne dei fenicotteri il caratteristico colore.
Nel Mediterraneo lo troviamo soprattutto nelle aeree salmastre della Camargue francese mentre in Italia il fenicottero nidifica solo dal 1993, quando i primi nidi sono stati avvistati nell’area di Montelargius, in Sardegna. In seguito la popolazione si è insidiata anche in Toscana, Puglia e nelle Valli di Comacchio.
Nelle acque di bonifica della Maremma toscana, presso l’area balneare di Castiglione della Pescaia, l’osservatorio faunistico ha dichiarato che il numero degli esemplari è triplicato. In Sardegna, ogni notte stormi di flamingo, volano da Cabras e Arborea per dare il cambio ai rispettivi partner nella custodia dei nidi, concentrati nei più ampi stagni di Cagliari. Ma qual è la motivazione di questo incremento che ci permette di ammirare lo spettacolo del loro volo con assetto a V?
”Più l’acqua è salmastra e più ci sono fenicotteri, normalmente contiamo 1.200 esemplari, ora il censimento di questi affascinanti volatili supera quota tremila”, dichiarano alla stampa le guide della riserva Diaccia Botrona. “Un fenomeno positivo che arricchisce la fauna stanziale ma che è dovuto a due negatività: la progressiva erosione delle coste tirreniche registrata negli ultimi anni e la forte siccità delle scorso anno con le falde idriche ancora ben lontane dall’essere in saldo positivo”.
Stessa problematica anche in Sardegna dove l’erosione del litorale è costante ma che, grazie a queste condizioni, permette ai fenicotteri di trovare un ambiente ideale senza il bisogno di emigrare stagionalmente e sta consentendo di tipicizzare un fenicottero sardo.
L’arretramento delle spiagge e il conseguente aumento di acque salmastre ci permetterà di ammirare sempre più questi uccelli? Molto probabilmente si ma sempre tenendosi a distanza e rispettando il loro habitat naturale per non scadere nella scandalosa e pessima abitudine che da qualche tempo un complesso turistico ha adottato nell’isola caraibica di Aruba: per incentivare i turisti a fare selfie con i fenicotteri che popolano la spiaggia del resort, la direzione ha permesso di “pinzargli” le ali per tenerli in cattività. Speriamo che questa notizia sia una bufala da internet e che, in questo nuovo anno, sia smentita oppure condannata definitivamente.