Economiesuisse sostiene di volere continuare sulla via bilaterale con l’Ue tramite l’accordo quadro istituzionale, ma alcuni punti sono da chiarire. Critiche dalle altre organizzazioni economiche
Il dossier sull’accordo quadro istituzionale con l’Ue è attualmente uno dei più controversi della politica svizzera. Anche le associazioni economiche elvetiche con i loro punti di vista sono divise. Economiesuisse, la federazione delle imprese svizzere, vuole la conclusione di un accordo istituzionale con l’Ue perché è il più importante spazio economico per l’industria delle esportazioni e si tratta di mantenere posti di lavoro e la crescita. La Federazione sostiene i negoziati del Consiglio federale, ma ci sarebbero alcuni punti da chiarire. Diversa l’opinione della Unione svizzera di arti e mestieri (USAM) che chiede l’accesso al mercato europeo, ma non a tutti i costi. Il direttore della USAM, Hans-Ulrich Bigler, sostiene che “è problematico dover riprendere in continuazione il diritto europeo”. Critica sotto l’aspetto di politica nazionale anche l’Associazione Svizzera d’Assicurazioni (ASA), che vede la sottomissione al diritto Ue come “un chiaro scuotere ai pilastri della democrazia diretta” ha detto Thomas Helbling, direttore del centro operazionale ASA.
La divisione lascia aperto qualsiasi scenario. Economiesuisse respinge la sospensione dei negoziati fino alle elezioni federali, che rinvierebbe il problema a tempo indeterminato. “La Confederazione ha bisogno di una tabella di marcia precisa” ha spiegato nella conferenza stampa di Berna la direttrice Monika Bühl. Il presente progetto è un buon risultato negoziale, secondo Economiesuisse. I negoziati con la l’Ue hanno vantaggi per l’economia svizzera: accesso non discriminatorio al mercato interno europeo, opzioni per un futuro sviluppo delle vie bilaterali con nuovi accordi e tutela della certezza del diritto. Punti che sottolineano che non ci sarebbero alternative altrettanto valide all’accordo, perché le soluzioni alternative comporterebbero un indebolimento della competitività o della sovranità. Ma non tutte le ciambelle vengono col buco ed Economiesuisse si attende che il Consiglio federale riveda alcuni punti e li chiarisca al più presto durante la fase di consultazione. L’accordo deve precisare che solo le regole di accesso al mercato sono interessate dall’obbligo di ripresa dinamica da parte della Svizzera. Poi chiarire le modalità dei principi in materia di aiuti statali che incidono sulla legge svizzera sulle sovvenzioni e sul sistema federale svizzero. Infine, non devono essere limitati il sistema di partenariato sociale e i controlli sulla parità di trattamento.
Agli argomenti di Economiesuisse controbatte Hans-Ulrich Bigler in una intervista alla trasmissione della Svizzera tedesca Samstagrundschau. “Questo accordo la Svizzera non lo deve firmare in nessun caso. Sacrificherebbe molta sovranità, la protezione dei salari svizzeri sarebbe insicura e anche le agevolazioni fiscali e altri sussidi dei cantoni sarebbero in pericolo”. Da un lato Bigler riconosce i punti critici, ma in un contesto generale “sono meno problematici. L’importante è assicurarsi con l’accordo un accesso più libero al mercato interno europeo”. Per raggiungere lo scopo Bigler è pronto ad accettare “alcuni svantaggi” delle contromisure attese dall’Ue, ma la Svizzera “deve proporre, per salvaguardare l’economia, misure proprie e nazionali”. I rappresentanti dell’economia si siederanno al tavolo per le consultazioni sull’accordo quadro divise. Dovessero fallire, all’orizzonte non si vede un piano B, anzi una proposta di alcuni parlamentari di accompagnare l’accordo quadro con l’Unione europea con una dichiarazione unilaterale elvetica sull’interpretazione di alcune disposizioni è stata bocciata inesorabilmente da Cenni Najy dell’Università di Ginevra, specialista di rapporti con l’Ue. “Si tratterebbe di una misura più per preservare le apparenze o per salvare la faccia”.
Gaetano Scopelliti