Il curriculum del professor Salvatore Veca, uno dei piu’ noti studiosi italiani di filosofia politica, è talmente prestigioso che comunque lo si riassuma é sempre incompleto. Ci limitiamo quindi a ricordare che sin dal 1974 Salvatore Veca collabora con la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, uno dei maggiori centri europei di documentazione e ricerca nel campo delle scienze storiche, politiche ed economiche. Nei giorni scorsi Veca è stato a Lugano, ospite della Università della Svizzera Italiana-USI, accogliendo l’invito della studiosa Morena Ferrari Gamba, presidente a Lugano del Circolo Liberale di Cultura Carlo Battaglini, e del docente Oscar Mazzoleni, titolare della cattedra di Scienza Politica e direttore dell’osservatorio della vita politica regionale presso la Università di Losanna. Tema dell’incontro: “Fare politica senza i partiti”. Argomento attualissimo, nella nostra epoca animata da movimenti sovranisti ed autonomisti di varia origine. Effettivamente, ha esordito Mazzoleni, i partiti storici, un tempo comuni denominatori del pensiero delle differenti classi sociali, oggi scoprono di essere in difficoltà. Sconfitti innanzitutto da una generale crisi delle ideologie che ne erano alla base. Ma non solo. Grazie alle nuove tecnologie, l’elettore-digitale non ha piu’ bisogno della voce dei partiti per esprimere la sua opinione. Mentre, da un lato, i nuovi media elettronici consentono all’individuo di manifestare il proprio dissenso in modo continuo, mirato, e trasversale ad ogni categoria di classe sociale, di genere e di pensiero, al medesimo tempo i partiti cercano di recuperare terreno affidandosi a leader che possano calamitare l’interesse del popolo dei social network. Cosa ha portato a questa situazione? Dagli anni Novanta, osserva Salvatore Veca, molti partiti hanno iniziato ad indebolirsi da un punto di vista sia ideologico e sia economico. A complicare la situazione c’è anche il fatto che negli ultimi decenni le organizzazioni politiche hanno cercato alleanze con i poteri finanziari. Nell’attuale periodo di disparità sociali derivate dalla crisi economica, è quindi comprensibile che i partiti tradizionali ora suscitino malcontento ed indifferenza tra gli elettori. Per contro, osserva Veca, la organizzazione interna dei vari partiti, anche quelli di nuova generazione, pare continuare a funzionare sempre allo stesso modo. Quindi la vera sfida che le organizzazioni politiche dovranno vincere non è di seguire gli andamenti della finanza ma tornare a ispirarne lo sviluppo. E reagire alla attuale crisi di identità cui spesso i partiti cercano di rimediare con una propaganda non piu’, come in passato, svolta solo nel periodo pre-elettorale ma continuata in modo permanente, tuttavia in tal modo contribuendo ad aumentare la insofferenza degli elettori.
NL TOMEI