Intervista al protagonista della serie televisiva “La Compagnia del Cigno”, Leonardo Mazzarotto
Nella fiction “La Compagnia del Cigno”, che sta avendo un successo clamoroso, sei Matteo, un sedicenne scampato al terremoto di Amatrice che vive a Milano per studiare violino…
Esattamente. Matteo è questo ragazzo che vive la tragedia del terremoto di Amatrice, ha 16 anni e studia violino. Si sposta a Milano per continuare a coltivare la sua passione, a studiare la musica. Al conservatorio di Milano conoscerà i suoi amici e il maestro Marioni che all’inizio sembrerà quasi cattivo, ma poi con il passare delle puntate si scopre il suo lato umano.
Come sei arrivato a interpretare questa parte, raccontaci del percorso?
È nato un po’ per caso. Un’estate, mentre studiavo violino, e mi è arrivata la proposta della possibilità di fare questo provino. Inizialmente ero un po’ scettico perché non avevo mai previsto un percorso diverso da quello del violinista. Invece poi ho deciso di fare questo provino e menomale, perché mi ha portato fino a qua e non tornerei mai indietro.
Tra le critiche alla fiction c’è quella in cui si fa notare che il vostro comportamento non è proprio come quello degli studenti di conservatorio…
Sì, in qualche modo è stata fatta una critica alla mancata verosimiglianza del mondo del conservatorio. Io nella vita reale frequento il conservatorio di Roma che è diverso da quello di Milano e posso dire che è vero che può sembrare una visione distorta, ma sicuramente non è altrettanto vero che il mondo della musica classica non possa essere descritto in questi termini, perché sappiamo tutti l’enorme competitività che avvolge il mondo della musica classica quando si arriva a certi livelli. È anche vero che essendo una fiction, parlando di spettacolo, ritengo necessario creare dei personaggi che abbiano delle caratteristiche non comuni, non da tutti i giorni, altrimenti non ci si può appassionare.
Come hai affrontato la prova della recitazione e qual è stata la difficoltà visto che per te era la prima volta?
Recitare è stato un mondo nuovo. Avevo fatto qualche spettacolo, anche teatro in passato, ma come lo fanno in molti, a livello molto amatoriale. Mi hanno sempre detto che fossi portato, ma avendo già intrapreso la strada del violino non pensavo di dedicarmi anche a qualcos’altro. In questa esperienza invece mi sono dovuto cimentare in ruolo difficile, in particolare per coniugare la musica e il violino e la recitazione. Dopo il primo giorno di set, mi sono completamente innamorato del mestiere dell’attore scoprendo con grande stupore una grande passione.
Quindi lo senti qualcosa che può anche diventare un’attività per il futuro?
Sì, sicuramente sono molto aperto alle strade che mi si presenteranno. La recitazione ha molti tratti in comune con la musica e con lo studio dello strumento che ho sempre praticato. Innanzitutto una dedizione e una voglia di fare sempre meglio che non può prescindere assolutamente. Come differenza, forse ha una componente di spontaneità e di istinto maggiore rispetto allo musica.
Leonardo, a tuo avviso perché questo sceneggiato sta avendo tanto successo e tutti ne parlano?
Intanto è una cosa che ci rende molto orgogliosi perché è stata una scelta coraggiosa quella di parlare di una tematica non sulla bocca di tutti e vedere che siamo seguiti è motivo di orgoglio. Secondo me, la nota a favore, la marcia in più che ha questo prodotto, si può dire che è la spontaneità che portiamo noi sette protagonisti che non siamo attori professionisti, ma musicisti veri che vivono in prima persona quello di cui parliamo.
Leo Caruso