Le nuove normative in Svizzera e in Europa sensibilizzano gli acquirenti ad acquisti consapevoli
Si intuiscono chiari segni di svolta per quanto riguarda l’uso di pellicce nelle produzioni della moda del futuro. Un tono deciso lo hanno dato principalmente la Norvegia e la Svizzera, sempre molto attente alle questioni ambientali e alla difesa degli animali. È di pochi giorni, infatti, che da Berna giunge la notizia di una modifica legislativa che imporrà di specificare, nei capi di abbigliamento, se la pelliccia sia vera oppure sia sintetica. Secondo l’Ufficio Federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, ma anche solo secondo il buon senso comune, è opportuno garantire una chiara e rapida informazione per i consumatori non esperti per distinguere immediatamente l’origine animale di una bordura, per esempio, di un cappotto o di un piumino.
L’ ordinanza specifica che «l’autenticità della pelliccia, l’origine e il modo di ottenimento del pellame nonché la specie animale da cui è stato ottenuto vanno indicati in modo ben visibile e facilmente leggibile sul prodotto stesso. Queste dichiarazioni devono essere scritte su un’etichetta incollata o fissata in altro modo al prodotto oppure sul cartellino del prezzo».
Anche la dichiarazione di provenienza e il tipo di allevamento sarà scritto nero su bianco in quanto il cliente deve avere le giuste informazioni per valutare l’acquisto. In questi casi le diciture saranno “allevamento in gabbie con fondo a griglia” o “allevamento in gruppo” (in cui si escludono l’uso di griglie). Con questa nuova ordinanza c’è stata una notevole diminuzione degli imprenditori del tessile che hanno mantenuto rapporti commerciali per l’acquisto di pellicce dalla provenienza sconosciuta o di cui non si conosce il metodo di allevamento.
Nell’occhio del ciclone ci sono soprattutto gli esportatori asiatici che ormai detengono una percentuale altissima di commercio di questo tipo di prodotto, spesso non certificato e di dubbia provenienza. Sulla stessa linea di principio è anche la Norvegia che, mentre fino a qualche anno fa deteneva il primato per allevamenti di animali da pelliccia, ha deciso di compiere un taglio netto chiudendo gli allevamenti di volpi. Il piano, fortemente supportato sia dagli animalisti e sia dalle case di moda sempre piu’ Fur free, prevede di smantellare le strutture e le gabbie entro il 2025 facendo cessare l’attività di più di 340 allevamenti tra visoni e volpi.
Il dubbio che rimane riguarda che fine faranno gli animali (ogni anno vengono allevati per essere uccisi 700mila visoni e 110 mila volpi) rimanenti ancora negli allevamenti alla fine del 2024 visto che il reinserimento in natura di mammiferi nati in cattività e incapaci di difendersi e nutrirsi è problematico.
Attualmente, anche in Italia dove i maggiori allevamenti sono in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, gli animali vengono uccisi tramite asfissia con un metodo che la legge ritiene meno doloroso ma è opportuno continuare a domandarsi per quale motivo, visti i successi ottenuti nella produzione di pellicce sintetiche somiglianti a quelle vere, sia ancora gradito agli acquirenti acquistare prodotti di origine animale che devono soddisfare solo un desiderio legato al fashion e non strettamente alimentare o proveniente da esso.
foto: Ansa