Attentati terroristici e festività sembra ormai essere un binomio indissolubile. Tristemente, i tempi in cui viviamo ci fanno assistere ad eventi una volta inimmaginabili accogliendoli come se fossero una consuetudine, quanto invece dovrebbero farci solo orrore. Ogni volta diventa sempre più un’infelice costatazione dei tempi critici in cui viviamo e dell’impossibilità di poter reagire di fronte a tali scempi. Così, anche questa Pasqua, si è trasformata in una festività di dolore e di morte. Uomini, donne e bambini che allo scoppio di ordigni funesti si sono sbriciolati nello stesso momento in cui, da altre parti del mondo, sono le uova di cioccolata a farsi in briciole per tradizione. Questa volta il luogo colpito è il paese insulare dell’Oceano Indiano, a sud dell’India, lo Sri Lanka. Nel Paese dell’Asia meridionale la minoranza cristiana è circa il 7,5% della popolazione. È a questa piccola percentuale che erano rivolti gli attentati nel giorno di Pasqua e che all’indomani, il giorno di Pasquetta, il lunedì dell’Angelo, riportavano il tragico bilancio di 500 feriti e 321 vittime, 30 straniere tra cui anche 2 di nazionalità svizzera. Numeri provvisori, certo, purtroppo è quasi scontato che in occasioni come queste il numero delle vittime possa crescere. Erano sette gli attentatori kamikaze che nel giorno di Pasqua hanno compiuto la strage in Sri Lanka. Ma a peggiorare tutto è il dubbio che dietro al gruppo jihadista locale sospettato degli attacchi sferrati ci sia l’aiuto di una rete internazionale, come sostiene il sottosegretario al governo Rajitha Senaratne confermando l’arresto di 24 persone sospette. I sostenitori dell’Isis celebrano la strage, convinti che gli attacchi contro chiese e hotel dello Stato insulare rappresentino una vendetta per la carneficina del mese scorso in due moschee di Christchurch (Nuova Zelanda) in cui morirono 50 persone. La raffica di attentati ha colpito le chiese e gli hotel di lusso, ovvero i luoghi che maggiormente accolgono i cristiani e i turisti. È chiaro dunque che il bersaglio non è la popolazione indigena, quanto l’ideologia, la cristianità e le abitudini diverse. Per questo dall’Europa e da tutto il mondo si guarda sempre con molta preoccupazione questi attentati, anche se geograficamente distanti. Non è la lontananza che determina la gravità dell’evento, ma il movente e i civili che ne pagano le spese. La Pasqua che doveva celebrare un momento di gioia e di rinascita si è trasformata in una giornata di orrore e di morte.
foto: Ansa