“Pm fu un incubo ma vorrei vederlo”
“Nonostante tutta l’attenzione che questo caso ha ricevuto in tutto il mondo, un numero sorprendente di persone non ha mai sentito il nome di Rudy Guede”, l’unica persona ad essere condannata per l’omicidio di Meredith Kercher, la giovane inglese uccisa a Perugia la notte del 1 novembre 2007. Questo perché da sempre “polizia, il pm e i media e il pubblico hanno concentrato la loro attenzione su di me. So che molte persone pensano che io sia una cattiva” e che tornando in Italia “sto traumatizzando nuovamente la famiglia Kercher e profanando la memoria di Meredith: si sbagliano”. È una parte della testimonianza al Festival della giustizia penale, a Modena, di Amanda Knox, l’ex studentessa americana assolta nel 2015 dalla Corte di Cassazione, assieme all’allora fidanzato Raffaele Sollecito, dall’accusa di omicidio di Meredith.
Durante il processo per l’uccisione di Meredith, ha continuato l’americana, interrompendosi diverse volte per la commozione, i giornalisti hanno seguito “speculazioni sfrenate” e invece di essere considerata “un’imputata innocente fino a prova contraria ero descritta come una furba, psicopatica, sporca e drogata puttana. I media hanno pompato il gas: senza prove fisiche incriminanti gli investigatori hanno attaccato il mio personaggio, distorcendo la mia vita intima assolutamente ordinaria, in devianza. Così da inserirmi pienamente nella loro teoria di un’orgia finita male”. In aggiunta a questo “i media hanno ripreso questo concetto e ci sono corsi dietro. I giornalisti hanno pubblicato titoli su orge, giocattoli sessuali. Nel corso delle indagini lunghe otto mesi quando io ero in isolamento, invece di esaminare le prove i media si sono impegnati in speculazioni sfrenate”.
A vent’anni “invece di sognare di una carriera o di una famiglia, ho meditato sul suicidio”, ha rivelato la Knox, che ha poi spiegato: “Un giorno mi piacerebbe incontrare il vero dott. Giuliano Mignini”, il pm che l’ha accusata, “e spero che quando arriverà quel momento anche lui potrà vedere che io non sono un mostro, ma sono semplicemente Amanda. Per me a vent’anni, ingiustamente imprigionata e sotto processo, il dott. Giuliano Mignini era una figura da incubo, un mostro. Un uomo potente e spaventoso che aveva un solo obiettivo: distruggere la mia vita. Io so che questa immagine di lui è sbagliata e piatta. E sono stati i media ad aiutarmi a rendermene conto”.
Nei mesi del processo, ha proseguito l’americana, pm e giornali “hanno creato una storia” su di me, e mi hanno dipinta come di una persona “sporca, psicopatica, mangiatrice di uomini e ‘Foxy Knoxy’”. In fondo “l’inchiesta” sulla morte di Meredith “è stata contaminata. La giuria è stata corrotta. Era impossibile per me avere un processo giusto. Questa immagine fornita dai media sensazionale e diffamatoria è entrata anche in aula creando un circolo vizioso. Prima ancora che iniziasse il mio processo io ero sepolta sotto una montagna di fantasia da Tabloid. Dalla mia cella io potevo solo soffrire in silenzio, senza voce, mentre innumerevoli giornalisti mi vestivano ogni giorno per innumerevoli reati immaginari”. In questo modo, ha concluso Amanda Knox, “l’inchiesta è stata contaminata. La giuria è stata corrotta. Era impossibile per me avere un processo giusto”.
Askanews