Ormai non si fa altro che affermare che davanti al governo e al Paese ci sono tre anni di tempo per fare le riforme, senza elezioni e senza i conflitti che le tornate elettorali comportano.
È vero, il momento è “irripetibile”, non solo perché si è aperto un periodo lungo e, sulla carta, calmo, ma anche perché la vittoria del centrodestra sul centrosinistra ha depotenziato la voce di coloro che, nel centrosinistra, consideravano e considerano tuttora Berlusconi l’uomo con cui non si può e non si deve assolutamente trattare, nel centrodestra, ritenevano e ritengono il fondatore del Pdl ormai finito e dunque da rimpiazzare.
Nel centrodestra è il caso di Fini e del suo gruppo, che continuano a cogliere ogni occasione per differenziarsi e impantanare la discussione sulla legge elettorale. In sostanza, Fini agisce come se le elezioni le avesse vinte lui e non il capo del governo.
Ma ormai la tendenza nel centrodestra è di derubricare le sue esternazioni come “dissenso interno”: almeno è così che il ministro Bondi si è espresso quando un giornalista ha fatto notare le puntualizzazioni del presidente della Camera sull’esigenza di una nuova legge elettorale in vista della riforma delle istituzioni.
Nel centrosinistra, le posizioni cominciano a divaricarsi. Da una parte c’è il Pd che, attraverso il responsabile del Dipartimento Giustizia, Andrea Orlando, è intervenuto su Il Foglio con una serie di proposte sui vari argomenti che saranno – o potranno essere – oggetto di riforme.
Dall’altra ci sono i leader dell’Idv che dicono che non si può collaborare con il “nemico”, arrivando a invitare Orlando “a fare il consigliere giuridico di Berlusconi” e il Pd a “cambiare il suo responsabile per la Giustizia”.
Dall’altra ancora c’è l’Udc che non sa che pesci prendere. L’Udc più che guadagnare voti li ha persi, ma dove si è alleata con il Pd (Piemonte, Liguria) non è stata determinante per la vittoria o ha perso voti, dove si è alleata con il Pdl ha tenuto ma non è stata nemmeno qui determinante per la vittoria. In sostanza, spesso i voti dell’Udc sono inutili perché con o senza i suoi voti il Pdl o il Pd vincono o perdono lo stesso. Per cui questo partito, per ora, ha una posizione interlocutoria con entrambi gli schieramenti.
Dunque, registriamo l’apertura del Pd al confronto e l’apertura del Pdl ad approvare riforme “condivise”. Tutto questo è un buon inizio, ma non basta.
Le riforme da fare sono innanzitutto quella sulla Giustizia, che non è né semplice, né scontata, perché non ci sono solo le differenze tra Pdl e Pd, ci sono soprattutto differenze tra i politici in generale dei due schieramenti da un lato e i magistrati dall’altro, che mal sopportano delle riforme che vadano a intaccare i loro privilegi.
Andrea Orlando, a nome del Pd, ha “offerto” delle proposte a Berlusconi sulla Giustizia, che sono le seguenti: semplificazione dei riti del processo civile, abbreviazione dei tempi del processo penale, riflessione sull’obbligatorietà dell’azione penale, riforma del sistema elettorale del Csm che “diluisca” il peso delle correnti della magistratura associata, distinzione dei ruoli fra magistrati. Sono tutti temi su cui anche il centrodestra è d’accordo.
Cambiano gli accenti sui singoli punti, ma le distanze non sono incolmabili. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, dopo aver letto le proposte di Andrea Orlando, ha dichiarato: “Presto chiamerò il responsabile Giustizia del Pd per confrontarci nel merito su alcune proposte”.
Dunque, la volontà di discutere c’è, si tratta di evitare due rischi: il primo è quello di una discussione senza fine per poi dividersi e magari approvare una riforma all’ultimo momento a maggioranza e con strascichi; il secondo di approvare leggi su singoli aspetti della Giustizia lasciando le cose sostanzialmente come stanno se non peggiorandole. Si tratterà, dunque, di procedere con responsabilità da parte di ciascuna forza politica. Questa è la scommessa.
Quanto alle altre riforme, c’è quella del federalismo fiscale, importantissima; c’è quella sul fisco, sulle nuove aliquote e molte semplificazioni, annunciata da Tremonti che dice di voler abbassare le tasse ma non ora: prima bisogna gestire con rigore la crisi che non è superata; c’è la riforma istituzionale, forse la più condivisa in quanto tutti vogliono meno parlamentari e un Senato non doppione, ma espressione delle Regioni (Senato federale).
Ritorniamo a quanto detto all’inizio: il cantiere delle riforme è aperto, i diversi ministeri sono al lavoro, il ministro Calderoli addirittura ha presentato al Presidente della Repubblica una bozza di riforma istituzionale, tutti i testi dovranno prima essere discussi tra gli alleati di governo e poi le proposte saranno confrontate con quelle dell’opposizione.
Il clima favorevole al dialogo c’è, sostenuto autorevolmente dal Presidente Napolitano, e tutti sono consapevoli che la stagione delle riforme non è più rinviabile, anche per uscire da una crisi economica che si proietta nel futuro con la disoccupazione e con il rischio di una non crescita. Vedremo se quello che prevede Calderoli si avvererà: “Nel 2013 nascerà la Terza Repubblica”.