La firma dell’accordo Start 2, avvenuta nel Castello di Praga, ha rilanciato il processo di pace.
Sia chiaro, se si guarda il numero delle armi nucleari che rimarranno alla fine dei sette anni – entro i quali le due potenze s’impegnano a ridurle di un terzo – c’è poco da stare allegri. Con la riduzione dei missili atomici il mondo al posto di 21 volte, sarebbe distrutto 15 volte.
Dunque, cambierebbe poco dal punto di vista pratico. Ma da quello simbolico no, il passo è enorme. Intanto, è confermata la fine della guerra fredda tra Usa e Russia, ma questo è l’aspetto meno importante. Poi, soprattutto, è l’inizio di una nuova epoca, messa in moto da Bush all’ingresso del nuovo millennio ma poi arenatasi nelle sabbie mobili della superiorità americana, che aveva cercato di ridurre l’alleato a grande satellite americano in Europa.
Spingendosi, infatti, fino alle ex Repubbliche baltiche, Bush voleva controllare da vicino la Russia di Putin, che, per quanto coinvolta nello scudo spaziale rivolto contro l’Iran, mal sopportava la presenza americana ingombrante ai suoi confini.
Ora lo scudo è stato bloccato, probabilmente Obama lo porterà avanti negli anni, ma è stato depotenziato della sua carica di gendarme nei confronti della Russia, la quale, nell’accordo Start 2, ha tenuto a fare una dichiarazione autonoma di presa di distanza.
Dicevamo dei significati dell’accordo. La trama dei rapporti su base nuova, intessuti dal Presidente americano, si estende alla Russia, di colpo rilanciata a livello mondiale sullo scenario internazionale.
C’era una volta la guerra fredda tra Usa e Urss con la Cina lontana e impotente osservatrice. Ora l’America ha teso la mano a tutte e due ed è chiaro che la nuova epoca sarà caratterizzata da un’intesa a tre, nel segno della pace.
La Russia si è avviata verso la democrazia, ancora sotto tutela, ma pur sempre democrazia. La Cina rimane una dittatura, anche feroce per molti versi, ma è interesse di tutti che non esploda. Un miliardo di persone in giro per il mondo e in fuga da un Paese nel caos sarebbe un disastro, dunque la comunità internazionale auspica un’evoluzione lenta verso una forma di governo che gestisca il difficile cambiamento.
Fra 20 anni, se il processo andrà avanti secondo gli auspici, avremo un mondo migliore: una grossa fetta del mondo guadagnata alla libertà o quantomeno a una forma accettabile di essa. E non sarebbe poco. Ecco perché gli interessi dei tre grandi dovrebbero marciare secondo questa direttiva.
Se questo è vero, si capisce come e perché Obama abbia dichiarato che Usa e Russia vogliono un mondo senza armi nucleari e che quelle in possesso non saranno usate nei confronti di nessuno, tranne che dell’Iran e della Corea del Nord, che sono i due Paesi che mettono in questione il faticoso equilibrio del mondo.
Durissima è stata la risposta di Mahmud Ahmadinejad, ringalluzzito dalla vittoria elettorale e soprattutto dalla vittoria sull’opposizione, ridotta al silenzio dopo la sanguinosa repressione degli ultimi mesi.
Il Presidente iraniano ha trattato quello statunitense come un “cow-boy” che mette mano alla pistola quando si sente “battuto dalla logica”, ma ha precisato che la risposta dell’Iran sarà “devastante”.
Il fatto è che gli esperti americani temono che l’Iran sia arrivato ad un passo dall’ordigno nucleare e che questo venga usato.
Si spiegano così gli “avvertimenti” del capo della Casa Bianca, spalleggiati dal Presidente russo Dmitry Medvedev, che all’unisono con l’omologo americano, ha dichiarato che le sanzioni all’Iran saranno “severe e intelligenti”, con ciò intendendo che non mireranno a colpire il popolo, ma solo gli interessi militari e strategici di quel Paese.
La Cina, par di capire, non avrà altra scelta che allinearsi, pur prendendo ufficialmente le distanze per non compromettere i suoi rapporti economici ed energetici con l’Iran. Se questa strategia avrà successo, l’Iran sarà ridimensionato in un modo o in un altro, ed allora la pace in Medio Oriente sarà più vicina.
E l’Europa? Qual è il suo ruolo in tutto questo? Ancora una volta sta a guardare e guarderà per molti anni, perché per quanto abbia un presidente e un ministro degli Esteri, troppe sono le divisioni per marciare unita.
L’Europa, che non fa paura a nessuno perché non ha nessun potere di veto e di condizionamento economico, si limita a favorire il dialogo, che non sarebbe poco se ci riuscisse in maniera attiva.
La sua politica è di tipo dialettico, non politico: favorisce con le dichiarazioni ma non va al di là delle prese di posizione verbali. Prima che il mondo abbia un quarto “grande”, dopo Usa, Russia e Cina, ne passerà del tempo.