Tre italiani di Emergency sono stati arrestati dai servizi segreti afghani nell’ospedale di Lashkar Gah, nel sud del paese e, secondo una prima ricostruzione, avrebbero anche confessato le loro responsabilità nel complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand.
Ma la notizia della confessione è stata successivamente smentita. Dopo che la notizia era stata fatta filtrare domenica, il portavoce del governatore di Helmand, Daud Ahmadi, ha affermato di esser stato citato in modo sbagliato dal “Times”, soprattutto per quanto riguarda un legame fra i tre e Al Qaeda. Quanto alla presunta confessione, il portavoce ha precisato di aver parlato solo di collaborazione alle indagini da parte di uno degli arrestati, Marco Garatti. Il giornalista del quotidiano inglese, Jerome Starkey, ha tuttavia confermato il virgolettato che aveva riportato, sottolineando di aver addirittura richiamato il portavoce per farselo confermare. L’unica certezza è che resta in piedi l’accusa ai tre italiani e agli altri sei arrestati afghani di essere parte di un complotto con i talebani per assassinare il governatore Goulab Mangal. Con il governo di Kabul che continua a ridimensionare il ruolo di Marco Garatti, Matteo Dall’Aira e Matteo Pagani, è in realtà l’entourage del responsabile provinciale Gulab Mangal a rilanciare pesantemente le accuse nei confronti dei tre italiani.
Parole che il ministro degli Esteri Franco Frattini non conferma sostenendo che “bisogna” ancora “accertare la verità”. “Prego che non sia vero, sarebbe una vergogna per l’Italia. Ci sono dei fatti, sono state trovate armi molto pericolose in un ospedale gestito da Emergency. Noi tutti vogliamo conoscere la verità e la vogliamo conoscere il prima possibile”.
Da Tirana, il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha affermato che la notizia della confessione e del legame con Al Qaeda dei tre italiani “è stato un caso di cattiva informazione resa al mondo intero”. Il titolare della Farnesina, pur senza citarlo, ha accusato il “Times” di aver dato “una notizia erronea”: “Gli afghani non avevano mai legato gli italiani ad al Qaeda ha detto, c’è un giornale che l’ha dato per scontato. Spero che questa sia una lezione che eviti il ripetersi di un caso del genere”. Domenica, citando Ahmadi, il “Times” aveva scritto che “tutti i nove arrestati hanno confessato e sono accusati di legami con i terroristi di al Qaeda”. Secondo Ahmadi, gli arrestati avrebbero ammesso che “c’era un piano per compiere attentati suicidi negli affollati bazar e nel compound del governatore, che volevano uccidere”.
Più preciso Wahidhullah, un consigliere del responsabile della provincia di Helmand: “Nel corso degli interrogatori, i contorni del complotto sono emersi con chiarezza, così come è emerso il fatto che per realizzarlo un italiano, Marco Garatti, avrebbe ricevuto denaro dai talebani”. Wahidhullah ha poi spiegato che il gruppo aveva mimetizzato armi ed esplosivo tra il materiale medico in una delle stanze dell’ospedale. “Il governatore – ha aggiunto – di solito si intrattiene con le vittime nell’ospedale di Emergency per portare assistenza e denaro. Era previsto che in una delle prossime visite, dopo aver lasciato le sue guardie del corpo all’esterno dell’ospedale, Mangal avrebbe trovato a sorpresa nella sala, dove erano ricoverati i feriti, i talebani armati per ucciderlo”.
A complicare ulteriormente le cose arriva anche l’altra accusa, rilanciata dalla Cnn on line: sarebbero loro ad aver assassinato l’interprete di Daniele Mastrogiacomo (il giornalista di Repubblica rapito nella provincia), Adjmal Nashkbandi. Le dichiarazioni arrivate da Kabul per tutta la giornata di domenica erano però di tutt’altro tenore. Le autorità avevano infatti assicurato all’ambasciatore Claudio Glaentzer – che ha visto i tre italiani trovandoli in buone condizioni – un’indagine “rapida e rigorosa” garantendo la tutela dei loro diritti. E il portavoce del ministero degli Interni, Zamarai Bashary, si era spinto anche oltre: la vicenda va trattata con “prudenza” perché “quello che si vuole sapere è come quel materiale è entrato nell’ospedale”. Quel che è certo è che a questo punto la situazione del medico, dell’infermiere e del tecnico di Emergency si complica.
Gino Strada bolla le accuse come l’ennesima “bufala”. “Il governatore – aggiungono da Emergency – non ha alcuna credibilità”. E si fanno sentire anche i familiari dei volontari, sostenendo che “non è possibile” una confessione e dicendosi “amareggiati” per il “silenzio dello Stato”.
Il ministro degli Esteri Franco Frattini, nel colloquio avuto con il suo omologo afghano Zalmay Rassoul ha rinnovato la piena fiducia negli investigatori. “Da italiano – ha poi detto – prego veramente che non ci sia alcun italiano che abbia direttamente o indirettamente compiuto atti di questo genere. Lo prego davvero di tutto cuore, perché sarebbe una vergogna per l’Italia”.
Frattini ha risposto anche a Gino Strada, che ha rinnovato le critiche alla missione italiana impegnata in Afghanistan e al ruolo svolto dai militari. “Le sue dichiarazioni avevano il sapore di dichiarazioni politiche e non di quelle di un medico che vuole salvare la vita alla gente. Noi lavoriamo per la pace e non certo per portare la guerra”.
Emergency dal canto suo respinge tutte le accuse e rilancia la tesi della “guerra preventiva”: “I nostri medici sono stati rapiti da Karzai” ha attaccato Gino Strada in una conferenza stampa a Milano, che ha avviato una “operazione di guerra preventiva” contro un “testimone scomodo” come Emergency, “prima di dare il via ad un’offensiva militare in quelle regioni”.
Gli ospedali di Emergency, è la tesi del suo fondatore, “danno fastidio non solo al governo Karzai ma anche all’Isaf, perché denunciano come la guerra al terrorismo stia in realtà facendo tantissime vittime tra i civili, soprattutto tra le donne e i bambini”. Dunque “è tutta una montatura, con un regista – accusa Strada – che non è solo afghano”.
Parole che sembrano rivolte anche alla Nato, che ha negato di aver partecipato al blitz nonostante un video “mostri come nell’ospedale fossero presenti anche i soldati della coalizione”. “La verità – conclude Strada – è che dopo le ultime azioni di guerra, Emergency ha chiesto l’apertura di un corridoio umanitario per consentire l’evacuazione dei feriti: hanno fatto un cordone, che chiamano stranamente sanitario, che non consente di farli arrivare ad una struttura sanitaria”.
Tesi che trova conferma in diversi analisti in Afghanistan: da tempo l’ospedale di Emergency a Lashkar Gah non riscuoteva la simpatia del governo dell’Helmand. E a febbraio, durante l’operazione militare ‘Moshtarak’, i responsabili dell’ospedale avevano accusato i militari afghani e stranieri di impedire ai civili di farsi curare.
Intanto, i tre italiani sono detenuti in celle separate in una struttura della Direzione nazionale della sicurezza (Nds) alla cui guida c’è Amrullah Saleh, uomo dai metodi spicci addestrato dalla Cia fin dai tempi in cui l’Alleanza del Nord combatteva contro i talebani al potere.