Chi possiede una moka espresso, farebbe bene a tenersela cara, magari a comprarne altre e conservarle, perché in un futuro più o meno vicino quelle moke potrebbero valere parecchio.
La Bialetti, infatti, la fabbrica piemontese famosa in tutto il mondo (perché le moke o sono Bialetti o sono delle pallide imitazioni), sta per chiudere lo storico stabilimento a Crusinallo di Omegna (Verbania).
Si sta facendo di tutto per evitare questa chiusura che è anche un danno all’immagine dell’Italia. Sicuramente interverrà anche il governatore Roberto Cota, neo eletto presidente della Regione Piemonte, ma le speranze sono ridotte al minimo, perché la concorrenza di altre fabbriche “lo cost”, come direbbe Paolo Villaggio, è spietata. Il trasloco nei Paesi dell’Est sarebbe obbligato, anche se in Italia rimarrebbe una parte ad alto valore aggiunto.
La moka nacque nel 1933 per iniziativa di Renato Bialetti. Quando iniziò l’era della televisione, a lanciarla con il famoso marchio dell’omino coi baffi fu Carosello.
Da allora Bialetti è stato, come si dice, un marchio e una garanzia. Sul mercato andarono altre moke di altre fabbriche, ma tutte sono state delle imitazioni, tra l’altro a minor costo ma anche a minor qualità. La Bialetti è indistruttibile e sempre lucida perché fatta con materiali garantiti. Il debito della Bialetti Industrie nel 2009 è stato di 96,1 milioni di euro, il fatturato ammonta a 194,2 milioni di euro, cioè il 7,6% in meno rispetto al 2008.
Queste cifre danno l’idea della crisi, dovuta a due cause: la concorrenza e il cambiamento delle abitudini degli italiani.
Della concorrenza abbiamo già detto. Di moke ne esistono vari tipi e forme, anche se nessun tipo e nessuna forma è paragonabile alla Bialetti. È come se si bevesse la birra in una tazza di tè, né più, né meno.
Il guaio, però, non è solo la concorrenza, la quale, anch’essa, prima o poi, si troverà a fare i conti con l’altra vera causa, che è l’invenzione delle cialde, avvenuta nel 2000.
Anche se l’abitudine della moka sarà dura a morire, anzi, sicuramente ci sarà uno zoccolo duro che preferisce le moke a qualsiasi altro modo di fare il caffè, è vero anche che da dieci anni, ormai, le industrie del caffè in cialde sono in continua espansione. Sono cadute verticalmente le assunzioni alla Bialetti, sono cadute anche nelle altre fabbriche di moke, sono aumentate vertiginosamente quelle alla Lavazza. La produzione di cialde avviene sotto vari marchi: da “A modo mio” a “Blue” e a “Espresso Point”. La Lavazza, nel 2009, ha visto talmente crescere la richiesta che ha sfornato 2 miliardi e duecento milioni di cialde, con il personale che solo a Gattinara, sempre in Piemonte, tocca le 450 unità.
Che cosa hanno le cialde per essere preferite alla moka? Basta guardare la pubblicità in tv. C’è la macchinetta del caffè che dà la sensazione di bere a casa il caffè che normalmente si beve al bar. E c’è la cialda, appunto, semplice da usare, pulita e veloce. Si ha l’impressione di fare e servire il caffè come al bar, con schiuma e crema. È stata l’idea vincente, insieme alla scenografia: il paradiso, San Pietro, il gusto del caffè che richiama la felicità e il benessere. Insomma, un miracolo, almeno per ora.
Dicevamo che le vecchie Bialetti potrebbero da qui a qualche tempo diventare dei pezzi da museo. È una possibilità reale, visto che il mercato delle cialde raggiunge oggi appena il cinque per cento e poco più, con una enorme possibilità di crescere.
Ma potrebbe essere che la vecchia moka riesca a vendere cara la pelle prima di morire. E può darsi anche che non tiri affatto le cuoia. Sì, va bene, bisogna riempire il contenitore d’acqua al livello giusto, poi piazzare il filtro, fare attenzione che la guarnizione non si stacchi o aderisca ancora bene, poi stringere la parte superiore con quella inferiore e infine mettere la moka sul gas o sulla piastra.
Una complicazione rispetto alla cialda, però… vuoi mettere il profumo del caffè che si spande nella stanza, preceduto e seguito dal gorgoglio del caffè che riempie il contenitore superiore?! È un’altra musica, altri odori e altri sapori.
Ci sbagliamo sicuramente, ma questa delle cialde ci sembra una moda che, come tutte le mode, è passeggera. O almeno noi, affezionati alla moka, lo speriamo. In fondo, anche le macchine distributrici di caffè furono, già dal 1963, quando la Faema le inventò, una novità in continua espansione, ma, diciamocelo chiaramente, quel caffè nessuno lo gusta, lo si compra per disperazione.